Copertina 7,5

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2010
Durata:41 min.
Etichetta:Coroner Records

Tracklist

  1. PROPAGATE
  2. SUBVERSIVE MIND
  3. RETRIBUTION ENGINE
  4. CUSTOMIZED GENOTYPE
  5. FALLING
  6. DIGITAL STRUCTURE
  7. EC-10
  8. RUINS
  9. SPIRALS
  10. SYSTEM FAILURE

Line up

  • Marko Romero - Vocals
  • Frederic De Cecco - Guitars
  • Alex Anxionna - Drums/Synth
  • Fabian Ferraglia - Bass

Voto medio utenti

Attivi dal 2007, gli svizzeri Breach The Void hanno da poco firmato con la Coroner Records e sono al loro album di debutto con questa etichetta.

In Monochromatic Era viene proposto un genere molto particolare, definito dalla stessa band come "modern metal", ma che può essere facilmente accostabile a sottogeneri come l'industrial metal e lo swedecore, che combinano l'aggressività del death metal e del metalcore all'uso di una strumentazione elettronica. Nei pezzi si passa costantemente dalle parti veloci ed irruente con voce scream, a frammezzi melodici e con un tipo di cantanto pulito.

E' difficile, tuttavia, catalogare musicalmente i Breach The Void, a loro tocca un pò la sorte di gruppi come Meshuggah e Fear Factory, la cui definizione di genere è sempre origine di controversie, date le numerose influenze. La band riporta contaminazioni che fanno pensare a Demanufacture dei Fear Factory, ma possiamo trovare anche echi di Caliban, Killswitch Engage e Mnemic, per l'uso della voce scream. L'enorme frammentazione in sottogeneri cui il metal è sottoposto, d'altronde, non aiuta. Io, dal mio canto, li definirei molto più genericamente avantgarde metal, perchè è innegabile che musicalmente i Breach The Void siano estremi e che optino per scelte musicali che sono oltre i canoni stilistici di genere.

D'avanguardia sono anche i suoni del sitentizzatore, strumento che personalmente adoro, affidato all'abilità del batterista, Alex Anxionna.
Il synth conferisce ai pezzi una venatura futuristica, che fa da giusto sfondo sonoro agli scenari descritti, pregni di una tecnologia che progressivamente conquista il mondo circostante, fino a fargli perdere ogni connotazione originaria in una sorta di artificializzazione del naturale. Questo tema sempre più spesso viene affrontato e risulta più che mai attuale in un "era monocromatica" in cui le macchine sembrano acquistare quasi una sensibilità umana e in cui l'uomo sembra raffreddarsi nelle sue emozioni, quasi come un calcolatore elettronico.

Il periodo storico a cui fanno riferimento i Breach The Void è un futuro scarno e senza colori, ma può essere benissimo il ritratto di quella che è l'epoca che stiamo vivendo attualmente.
Il digitale ed il tecnologico prendono sempre più piede, consentendo a ciascuno la personalizzazione del proprio patrimonio genetico ["Customize Genotype"]. Della possibilità di scegliere che geni possedere o che geni dovranno possedere i nostri figli se n'è già parlato in un recente passato e si immaginano scenari in cui questo sarà davvero possibile, quasi come andare a fare la spesa. La cyber contaminazione giunge fino alle viscere ed al DNA, che dunque diventa una "Digital Structure", una struttura digitale.
Tra i pezzi che più mi colpiscono ci sono "EC-10", che sembra essere proprio la sigla di un automa appena sfornato, ed il pezzo di chiusura, "System Failure", ottimo esempio di elettroindustrial.

Che sia un caso che la track di chiusura abbia questo titolo?
Del resto, anche le macchine prima o poi sono destinate a guastarsi.
Recensione a cura di Selenia Marinelli

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