Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2010
Durata:52 min.
Etichetta:AFM Records

Tracklist

  1. HAMMER OF THE GODS
  2. THE REVENGFUL
  3. REBEL SPIRITS
  4. BLACK CANDY
  5. ON A WICKED NIGHT
  6. DETH RED MOON
  7. JU JU BONE
  8. NIGHT STAR HEL
  9. PYRE OF SOULS: INCANTICLE
  10. PYRE OF SOULS: SEASON OF PAIN
  11. LEFT HAND RISE ABOVE

Line up

  • Glenn Danzig: vocals, bass, guitars, piano, drums
  • Tommy Victor: guitars, bass
  • Johnny Kelly: drums

Voto medio utenti

Anche per il vecchio Glenn, è tempo di un gradito ritorno alle origini. Dopo la parentesi industrial, dalla quale aveva fatto parecchia fatica a riprendersi, il progetto Danzig torna a proporre le sonorità che lo avevano reso celebre a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, con un disco dal sapore antico. I richiami a certi effetti e suoni non sono del tutto abbandonati, a dire il vero, ma si incastrano alla perfezione in un sound che ritorna quell’heavy-blues-doom (o chiamatelo come diavolo vi pare) dalla tinte fosche che tanto mancava. Personalmente, non sono mai stato un grande fan della band, ma ho ascoltato tutti i lavori precedenti e devo dire che questo Deth Red Sabaoth mi ha stupito piacevolmente: mi aspettavo il peggio, ma fortunatamente non è arrivato.

L’album, guidato dalla voce in buona forma di Glenn, si apre con Hammer Of The Gods, che già da sola basta a spazzare via ogni dubbio sul disco, mischiando l’ottimo riff di apertura con la lenta parte centrale. La successiva The Revengeful è più ritmata e caratterizzata da un gran lavoro di chitarra solista, mentre Rebel Spirit è un po’ incerta. Black Candy rappresenta la traccia più marcia dell’intero lavoro ed è seguita da On A Wicked Night, variegata e altalenante, dominata dalla melodia. Da qui in poi il livello dell’album si alza ulteriormente: Deth Red Moon è un pezzone, così come la successiva psichedelica Ju Ju Bone, ma è la sabbathiana Night Star Hel a scaldare decisamente il cuore. La suite in due parti di Pyre Of Souls rappresenta perfettamente la summa di quanto di buono è contenuto in questo disco, che si conclude degnamente con Left Hand Rise Above.

Potete ascoltare i vecchi dischi invece di questo? Sì, però è un bel disco: se vi piacevano i primi album, è un acquisto che non può deludervi. Se invece non conoscete i Danzig, il mio consiglio è quello di andare a cercarsi i dischi di esordio, prima di passare a Deth Red Sabaoth. Anche perché questa moda di tornare alle origini dopo aver sfornato schifezze per lustri, comune a tantissime band negli ultimi anni, un po’ mi puzza di operazione commerciale. E in ogni caso nessuno, almeno finora, è stato in grado di raggiungere le vette degli esordi.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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