Marco Orsini è fondamentalmente un cantautore (ehi, fermi, dove andate!), uno di quelli, però, a cui piace il blues, il soul e pure la musica latina.
M’ors è il nome del suo progetto e l’Ep “Anima nera”, licenziato con il patrocinio dell’indie label ferrarese AlkaRecord, è il mezzo cui vengono consegnate tutte queste passioni musicali e concettuali, organizzate con un gusto e un’intelligenza sicuramente non comuni.
Potremo, infatti, definire le quattro canzoni del disco come un modello di come dovrebbe suonare il pop-rock tricolore: accattivante senza essere banale, capace di dire cose importanti con semplicità e “leggerezza” (una caratteristica davvero rara!), coinvolgente, eterogeneo, equilibrato e sufficientemente personale da evitare di essere “scambiato” per il tentativo di riprodurre le idee e le modalità operative di qualcun altro.
Il mondo artistico di M’ors è proprio così, abbastanza ricco da non enfatizzare esclusivamente la parola, schietto e acuto nei contenuti da non renderli un semplice accompagnamento alla musica, per un risultato complessivo assai gradevole, che non rischia mai accuse di “plagio” e scorre veloce e vaporoso lasciando al contempo parecchie tracce di sé nel cuore e nel cervello dell’ascoltatore.
Ovviamente, è necessario un impegno su di una distanza maggiore per fornire un giudizio più
esaustivo, ma non mi stupirei per nulla se molto presto il nome di Orsini fosse accostato a quelli di Vasco Brondi (Luci della Centrale Elettrica), Umberto Giardini (a.k.a. Moltheni), Marco Parente, Paolo Benvegnù, Cesare Basile e Giuseppe Peveri (alias Dente), tutti, con prerogative diverse, autorevoli interpreti del
cantautorock italiano.
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