Copertina 7

Info

Anno di uscita:2009
Durata:54 min.
Etichetta:Lion Music
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. STATE OF LACUNA
  2. ONCE DIVINE
  3. OUR FLOODS
  4. BENANDANTI
  5. FLOW
  6. THE LUCID
  7. RED

Line up

  • Erik Skoglund: vocals
  • Henrik von Harten: guitar
  • Marten Bergkvist: guitar, synth
  • Mattias Axelsson: drums
  • Mikael Mangs Edwardsson: bass

Voto medio utenti

Inutile nasconderlo. Scoprire che una band conosciuta e apprezzata a livello "dimostrativo" è riuscita a conquistare un contratto discografico “maggiore” è sempre una bella soddisfazione per tutti coloro che vivono la musica come un’insostituibile passione e forse ancora di più per quelli che hanno pure la possibilità di veicolare le proprie opinioni tramite una (prestigiosissima!) web-zine.
Ecco spiegato il perché di questa piccola sorta d’euforia che mi assale mentre mi accingo ad analizzare il debutto “ufficiale” degli svedesi Miosis, da me incensati su queste colonne ai tempi della loro autoproduzione “Konvolut” e oggi “attrezzati” per conquistare una fetta di notorietà “alternativa” grazie al deal con la nota Lion Music.
“Albedo adaptation”, questo il titolo del disco, mi consente di confermare un po’ tutte le impressioni positive provate durante l’ascolto del già citato “Konvolut” (i suoi brani per gran parte vengono riproposti anche in questa sede), così come sono fatalmente convalidati i numi tutelari della band scandinava, facilmente individuabili in Radiohead, Katatonia, Isis e, soprattutto, Tool.
Una forma d’ispirazione abbastanza evidente, eppure non eccessivamente narcisistica o velleitaria, perché, nonostante tutto, le composizioni appaiono costantemente brillanti e coinvolgenti, la tensione emozionale è tangibile e la componente malinconica e “tormentata” appare davvero credibile e “sincera”, almeno tanto da scongiurare il “solito” fastidioso sospetto di un atto di “clonazione” concepito in “laboratorio”.
Sette articolate composizioni ricche di suggestioni e di pathos, capaci anche di spunti assai interessanti e moderatamente personali (“The lucid” è, forse, il pezzo maggiormente significativo da questo punto di vista), che dovranno essere ampliati ed elaborati ulteriormente, per trovare quell’identità propria che attualmente sembra ancora un po’ soffocata da più “comode” (benché sempre egregiamente sviluppate) architetture sonore ad elevata “garanzia” di consenso nell’ambito di questo particolare settore artistico.
Confido parecchio nelle doti dei Miosis e sono altresì fortemente persuaso che essi sapranno in futuro gratificarmi ancora di più, aggiungendo ad una notevole proprietà quell’incremento di personalità che li potrà far essere solo “loro stessi” e magari affiancare qualitativamente proprio quei modelli che oggi dimostrano d’ammirare con grande dedizione.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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