Long Distance Calling: l'unica strada è il cambiamento

I Long Distance Calling si separano dal fondatore, nonché autore di tutte le parti elettroniche, Reimut Von Bonn, prendono un cantante in pianta stabile (che è anche tastierista)… Che succede a questa band tedesca che dal 2007 ci ha abituato a dei gioielli di post rock/dark wave interamente strumentali, che le hanno fatto meritare anche la presenza al Wave Gothic Treffen nel 2010? Ma il nuovo The Flood Inside è un altro disco perfetto, indubbiamente più rock oriented e meno elettronico, anche se i Mogwai restano sempre l’influenza maggiore, e Martin “Marsen” Fischer si dimostra all’altezza della situazione. Un altro concentrato di emozioni, sperimentazione e tecnica, per una band che ha fatto del cambiamento la sua bandiera e che, più di ogni altra cosa, teme la stasi e la ripetizione. Proprio Martin è stato il mio interlocutore.

Devo ammettere che la tua voce si amalgama bene con la musica dei Long Distance Calling…
Ho avuto pochissimo tempo per registrare le parti vocali; mi hanno chiesto di entrare nella band ad Agosto ed il disco è stato registrato a Settembre , quindi quattro o cinque settimane. Quando sono entrato i pezzi erano già stati scritti. Durante la pre produzione abbiamo aggiunto la voce e le parti di tastiera su due brani in cui ancora mancavano. Ho cercato di fare il mio meglio nelle quattro settimane a disposizione ma, riascoltandomi, sono abbastanza critico; con più tempo avrei potuto rifinire meglio le vocals.
Come sei entrato nella band?
Conoscevo già i ragazzi, avevamo anche suonato insieme in tour, quando ero con le altre mie bands, ed ho curato l’artwork di uno dei loro cd. Loro stavano cercando un cantante e ne avevano già provati due, così duranti l’ultimo tour insieme abbiamo fatto delle prove ed eccomi qui. Vediamo quale sarà il mio futuro nella band.
Suoni anche la tastiere, quindi puoi rimpiazzare Von Bonn…
Principalmente stavano cercando un cantante. Von Bonn si occupava di musica elettronica, io sono un tastierista, quindi il mio approccio è diverso, più rock e musicale. Su questo album non ho contribuito da quel punto di vista, perché quando sono arrivato la musica era già pronta. In futuro vedremo. Per ora mi limito a suonare le tastiere nei concerti laddove servono.
La mancanza di Von Bonn si sente nello stile diverso della musica…
Indubbiamente sì. Il songwriting è cambiato; i ragazzi hanno voluto sperimentare un sound più rock e guitar oriented.
Come mai i Long Distance Calling hanno deciso di incrementare le parti vocali?
Mi hanno detto di non aver mai pensato particolarmente alle parti vocali, non essendo nessuno di loro un cantante, e di non trovare molta soddisfazione nemmeno nel pensarle nei brani. Quindi l’intenzione non è di diventare una vocal band ma, volendo sperimentare nuove sonorità, si sono accorti che il contesto richiedeva la voce e l’hanno inserita. E’ un esperimento, vedremo dove porterà.
Quindi dobbiamo o meno considerarti un membro fisso?
Di sicuro continuerò a curare le parti più elettroniche e di tastiera; canterò sui brani in cui servirà.
Parlami dei testi che hai scritto…
Mi sono lasciato ispirare dalla musica, senza un’idea precisa dietro. Sono venuti fuori sentimenti come la tristezza o la paranoia… o la malinconia, ahah! Ho preferito scrivere dei testi il più possibile astratti, per lasciare all’ascoltatore la possibilità di interpretarli. La musica dei Long Distance Calling è fatta per suscitare emozioni, ha un carattere piuttosto astratto, quindi dei testi altrettanto astratti si adattano bene.
Quali sono i tuoi ascolti preferiti?
L’ultimo dei Cult of Luna mi piace molto, mentre non sono un grande fan dei primi albums. Mi piacciono Meshuggah, Mastodon, Opeth, bands molto strumentali, con strutture complesse e lunghe parti senza cantato. Mi piace molto anche il progressive, i Pink Floyd.
E’ vero che avete intenzione di far partecipare Vincent Cavanagh ai vostri concerti?
Sì, l’idea sarebbe quella di farlo partecipare a qualche nostro concerto e cantare alcuni dei brani in cui canto io o duettare insieme. Non so quanto sarà facile da realizzare, riuscire a conciliare i tempi. Mi spaventa un po’ l’idea di trovarmi a cantare un suo pezzo, non lo vorrei rovinare con la mia voce! In generale, non sono molto favorevole ai cantanti che cantano i pezzi di altri, perché, secondo me, ognuno ha un proprio stile e rischia davvero di rovinare un pezzo tagliato su misura per la voce di chi lo ha creato. Detto questo… io amo gli Anathema!
A Marzo verrete a suonare in Italia…
Sono già stato a Milano un paio di anni fa con i Fear of Thoughts, prima che si sciogliessero. Sono contento di tornarci!
Intervista a cura di Laura Archini

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