North Atlantic Oscillation - Ben Martin e Chris Howard

Nel caotico backstage dei Magazzini Generali di Milano, incontriamo i North Atlantic Oscillation, la band a cui è stato affidato l'arduo compito di riscaldare il pubblico dei ben noti Blackfield. I ragazzi scozzesi non sembrano affatto intimiditi e si concedono per una bella chiacchierata poco prima di salire sul palco.

Bene ragazzi, chi siete? Parlateci di voi!
Ben: Lui è Chris, suona il basso, le tastiere e canta, e io sono Ben, io suono solo la batteria. Poi ci sono Sam, che suona un po’ di tutto, dalle chitarre al sax, passando per basso e tastiere, e Bill, il nostro session.

Siete i membri fondatori della band?
Chris: Sì, abbiamo iniziato io e Sam, il cantante. Ci siamo messi a suonare insieme sei anni fa, abbiamo iniziato a comporre e per cinque anni abbiamo scritto per questo album. Abbiamo sempre cercato il nostro sound, volevamo trovare la nostra identità, sapete com'è quando una band nasce da zero.

Nel frattempo avete suonato molto dal vivo nella vostra zona ?
Chris Sì, abbiamo proposto le nostre composizioni dal vivo, per vedere come funzionavano.

Che idea avevate quando vi siete messi a suonare insieme, cosa volevate essere musicalmente parlando?
Chris: Abbiamo sempre cercato di creare principalmente una musica composta da tanti suoni, come a formare un muro sonoro, ma che avesse una sua bellezza, oltre allo spessore, una sua armoniosa complessità. Non usiamo chitarre a gran volume, usiamo tanti synth.
Ben: La cosa principale è che siamo incentrati sulla musica. Non ci interessano affatto lo stile, l'estetica; a noi importa creare della musica. E crediamo di raggiungere bene i nostri obiettivi di musicisti.

Siete i soli tra Glasgow ed Edimburgo, a proporre questo genere?
Ben: La maggior parte delle band dalle nostre parti suona folk, e noi siamo alquanto tagliati fuori dal giro dei soliti locali.
Chris: E' stata una gavetta dura, ed in effetti è davvero straordinario per noi essere arrivati ad avere un contratto discografico con la Kscope, se si pensa che tutte le case discografiche indie ricevono tantissimi demo. Hanno la scrivania ricoperta di roba da ascoltare, e spesso non riescono nemmeno a esaminare tutto il materiale.
Ben: E ci siamo sempre sentiti molto padroni di quel che registravamo, l'etichetta ci ha sempre lasciati liberi di produrre come credevamo, senza interferire.
Normalmente una etichetta ti dice cosa sei tenuto a produrre, invece abbiamo sempre questa sensazione molto bella che la Kscope creda in quel che facciamo e abbia fiducia in noi. Non verrebbero mai nello studio, ad esempio adesso che stiamo lavorando al secondo album, a dirci "No, questo non va bene", o di usare una data track come singolo. Loro credono in noi ed è una situazione ideale.

Quindi siete già al lavoro sul secondo album...
Ben: Sì, abbiamo registrato per qualche giorno e lavoriamo con il nostro compatriota Tony Doogan, il produttore dei Mogwai, e dei Belle and Sebastian.

Vi piacciono i lavori di quei gruppi?
Ben: Sì, qualcosa di loro ci piace, ma soprattutto pensiamo che con questo produttore potremo cercare di ottenere quel che ci piace del loro sound, e allo stesso tempo esplorare nuove dimensioni sonore, anche cose che questo produttore normalmente non fa; quindi questa collaborazione dovrebbe essere un vantaggio reciproco. Il tutto vedrà il coinvolgimento come sound engineer del nostro produttore precedente, Pete Meighan, di Dublino, che è con noi ora come addetto alle chitarre e alla drum machine.
Chris: Non è che siamo influenzati dalle band che ha prodotto, è uno stile diverso il nostro, ma apprezziamo la qualità.

Quindi evitate di ascoltare certa musica, per non esserne influenzati, o...?
Chris: No, non funziona così. Ovviamente è una domanda comune, chi ci ha influenzato, a chi vogliamo somigliare... In realtà tendiamo ad ascoltare gruppi che non hanno nulla a che vedere con il nostro sound, potrei citare l'Esbjorn Svensson Trio o anche qualcosa dei Flaming Lips.

Perché in un certo senso sembra che vogliate mantenere una certa distanza, tra voi e le altre band del vostro circuito live o altro...
Ben: Non è che lo facciamo intenzionalmente. E' una questione che deriva dal genere che suoniamo, e anche di età: siamo in una fascia di età strana, non siamo giovani come i ragazzini che in genere mettono su una band nel garage o una cover band, e quindi ci sentiamo diversi.
Inoltre ci sono tantissimi stili di musica che non ascoltiamo affatto, non per essere snob, ma perché per noi non sono abbastanza interessanti, impegnativi, a livello musicale. C'è poi tanta musica che può essere notevole a livello di testi ma terribilmente semplice come melodie, per esempio Bob Dylan. Ma noi vogliamo creare della musica che abbia molti strati, molte cose interessanti da scoprire ascolto dopo ascolto, una complessità e una densità estreme.

E ascoltando il vostro album pare proprio che ci siate riusciti!
Chris: Sì, alcune persone magari al primo ascolto rimangono un po' sopraffatte, ma poi se si ascolta il disco più e più volte, si cominciano a seguire i vari schemi e passaggi, a scoprire più cose.
Ben: Ci sono così tanti strati, che coloro che sono davvero interessati possono approfondire ed esserne affascinati. Ovviamente poi ci saranno degli ascoltatori che verranno invece respinti. Non possiamo giudicare le persone, ma solo noi stessi.

Che genere di risposta avete ottenuto dal pubblico di questo tour, che avete appena iniziato, con i Blackfield?
Chris: Beh, finora il pubblico si è dimostrato positivo ed interessato!
Ben: L'anno scorso abbiamo suonato una volta in questo Paese, a Pistoia (al Blues Festival, 14 luglio 2010, prima degli Anathema e dei Porcupine Tree). E' stato favoloso, a parte che si saranno stati quaranta gradi sul palco e ci si scioglievano le tastiere, ma la piazza era meravigliosa e la gente era davvero stupenda. Quindi è bello tornare. Ci sembra che in questo tour il pubblico sia ancora più speciale e ci tratti benissimo: il pubblico degli Anathema (e PT) era più metal, anche se la band in sé non è che sia molto più metal, da qualche anno a questa parte.
Chris: Il pubblico dei Blackfield viene in gran parte dai Porcupine Tree, e sono persone che amano la musica in genere, sono abituate alla complessità e alle costruzioni musicali particolari, anzi le cercano. Quindi ci accolgono con curiosità e atteggiamento positivo.

Molte persone tra il pubblico sono probabilmente musicisti a loro volta, è un fenomeno comune con questo genere di musica, che ne pensate?
Chris: Io personalmente non sono un musicista ipertecnico, ma so che in questo genere il pubblico è spesso addentro a certi aspetti. Io sono più interessato alla musica nel suo insieme, non ai tempi dispari e tecnicismi simili.

Avete studiato musica o siete autodidatti?
Chris: Io prima studiavo chitarra classica, poi mi sono dato al basso.
Ben: Io per qualche anno ho studiato batteria con un maestro quindipossiamo dire che non sono autodidatta.

Molti si chiedono da dove viene il nome della vostra band.
Chris: Tecnicamente è un pattern di circolazione atmosferica sito nell'Oceano Atlantico settentrionale e caratterizzato dalla fluttuazione ciclica della differenza di pressione al livello del mare tra l'Islanda e l'Azzorre, e determina la direzione delle perturbazioni lungo l'Atlantico settentrionale. . Molto noioso da spiegare. Ma riferendosi a onde, oscillazioni, e simili, ci sembrava evocativo dato che siamo una band con molta elettronica, e siamo scozzesi, "North Atlantic" è in tema. Puoi passare settimane a scegliere un nome per la band...!


Grazie a Domizia Parri di www.blackfield-epidemic.it per la preziosa collaborazione e a Fabio Vergani di A Buzz Supreme per la "logistica"!
Intervista a cura di Stefania Renzetti

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