Lena’s Baedream: cronache di amori e di altre ossessioni.

I Lena’s Baedream confermano tutte qualità emerse nell’Ep di debutto (“Self attack and all the following facts”) e le consolidano e le ampliano nel recente “Memo - Love chronicles”, un disco che piacerà a chi cerca nella musica rock un approccio creativo, moderno e fresco e che, nell’analisi di un fenomeno emotivo universale come l’amore, non si limita alla sua “pastorale” superficialità.
Idee chiare e appropriate ambizioni sostengono il pregevole lavoro di questi ragazzi emiliani e le parole che seguono rappresentano un’eloquente testimonianza della loro nitida visione “d’insieme”, la quale, unita al già citato valore della proposta musicale, li rende sicuramente attrezzati per farsi valere anche all’interno di una scena musicale soffocata di uscite come quella attuale.

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Proprio perché siete degli “esordienti” di queste pagine virtuali, cosa ne dite d’iniziare con una breve “storia” della band? Da cosa deriva il vs. singolare monicker?
Carlo Alberto Morini: Il progetto Lena’s baedream nasce nel 2003 da un’idea di Nicola, dopo qualche demo e qualche cambio di formazione, siamo arrivati alla formazione attuale. Grazie all’Ep “Self-attack”abbiamo avuto molte soddisfazioni; la possibilità di esibirci in tutt’Italia, aprire i concerti di Rezophonic, Matmata, Skye Edwards e molti altri, vincere Rock Targato Italia è stato un percorso formativo intenso. Ora iniziamo un nuovo percorso con “Memo” la nostra sfida sulla lunga distanza. Il monicker ha il duplice significato del “sogno Erotico di Lena” o de “l’incubo di Lena”. La sfera onirica e la sfera femminile e della sensualità unite dalla nostra musa “fittizia” Lena … il nostro personaggio su cui riversiamo tutte le nostre sensazioni, paure, fobie, passioni.
Avevo già apprezzato il debutto ufficiale “Self attack and all the following facts”, ma devo dire di aver trovato il nuovo “Memo - Love chronicles” un prodotto anche più maturo, in cui la personalità artistica dei Lena's Baedream appare meglio focalizzata e più consapevole. Cos’è cambiato nel Vs. approccio musicale tra i due dischi? Si tratta semplicemente di una crescita “naturale” o c’è stato qualche evento “esterno” che ha determinato tale evoluzione?
Nicola Briganti: E’ stata una naturale evoluzione, e hai perfettamente ragione, abbiamo avuto la sensazione, nel comporre il cd, di aver concentrato in ampia ma unica direzione la nostra composizione. Stiamo cercando passo dopo passo di arrivare a un “discorso musicale” personale e unico … per quanto nel rock sia molto difficile essere originali. Prima davamo pochi punti di riferimento all’ascoltatore lo spostavamo “violentemente”canzone dopo canzone ...
“Memo” ha un percorso vario e giochiamo volentieri sulle strutture delle canzoni ma è un percorso facilmente fruibile da chi ascolta … volevamo farci capire di più e far apprezzare maggiormente la nostra musica. Inoltre, odiamo ripeterci e rispettiamo così tanto “Self-attack” che sentivamo l’esigenza di comunicare dell’altro con “Memo”.
Il disco è basato, dal punto di vista concettuale, sull’amore nelle sue varie forme e declinazioni, una scelta che ho valutato come la più classica delle “armi a doppio taglio”: un argomento molto dibattuto e popolare che proprio per questo rischiava di essere trattato con banalità. La mia impressione, seppur non suffragata dall’analisi dettagliata dei testi (nel mio promo non erano presenti!), è che siate riusciti a fornire un quadro piuttosto personale e credibile di questo sfaccettato tema, ma vorrei che approfondiste un po’ meglio la vs. posizione e i motivi che vi hanno portato a questa “rischiosa” soluzione lirica …
Nicola Briganti: Poniamo rimedio immediatamente e ti passiamo subito i testi eheheh. Era un rischio parlare dell’amore, ma volevamo sviscerare le morbosità e l’amore inteso come malattia, perdita di lucidità oltre a tutte quelle relazioni affettive che rientrano nell’amore, ma non sono solo positive o idilliache. Adoriamo parlare di un tema come l’amore quasi non nominandolo nei testi, lasciando tutto alle immagini create dai testi. “Memo” è un metatesto.
“Memo – love chronicles” è un film, la musica è la colonna sonora, i testi, i dialoghi o meglio monologhi interiori, gli intermezzi, rappresentano la trama. L’ascoltatore può apprezzare una singola cosa o più cose assieme.
Il grunge, il metal, e poi anche scorie di punk melodico, l’elettronica e l’hard rock “autoctono”, si dimostrano parte integrante del vs. ricco bagaglio culturale … La “contaminazione” non sembra un problema e nemmeno il rendere il quadro complessivo facilmente “fruibile” … Mi piacerebbe ci spiegaste quali sono modalità compositive dei Lena's Baedream e quali sono gli obiettivi e le priorità e che vi prefiggete nella stesura di una canzone che risulti poi soddisfacente …
Gabriele Anversa: Non abbiamo un modo unico nel comporre, possiamo partire da una parte di testo o da un riff di chitarra oppure da un ritmo di batteria. Naturalmente le jam session aiutano in maniera determinante la composizione, poi si passa al “labor limae” per far prendere forma al pezzo. Ma non è la regola, infatti, molti brani del cd sono spontaneamente nati in poche ore e avevano già struttura e testo. Dopo i Faith No More, integrare molti generi e stili diversi è per noi la base per ottimizzare il nostro sound e fare rock in modo personale.
E nel disco di pezzi “soddisfacenti” ce ne sono parecchi … Penso a “Chewin’ Razorblades”, “Message To Jolene”, “Dawn (I Learn)”, “Attitude To Cry” e “Lover”, soprattutto. Vi va di raccontarci qualcosa di più su questi ottimi esempi di bilanciata e adescante materia musicale?
Cristian Ferrari: “Chewing Razoblades” è nata sul riff portante di chitarra, di conseguenza sono nate le atmosfere psichedeliche e un testo che metaforicamente in questa lunga cavalcata southern-rock parla di senso di rivincita contro i nostri mostri o chi ci ha fatto soffrire ... un inno di liberazione dal dolore masochistico che spesso ci infliggiamo.
“Message to jolene” è stata la canzone lampo iniziata e finita in una jam in una sera... tratta della particolare sensazione di gioia e sgomento finita una relazione ... E’ per noi la nostra canzone paradigma, dagli ambienti rarefatti fino all’esplosione ritmica e rock dei ritornelli.
“Dawn” invece è stata sezionata tante di quelle volte che non ce lo ricordiamo più nemmeno noi, quanto ci abbiamo lavorato ... siam partiti da una linea melodica che è rimasta invariata e abbiamo voluto mischiare come nostro solito al rock un po’ di elettronica, la scommessa era parlare della totale sottomissione e la conseguente presa di coscienza.
“Attitude to Cry” era un embrione di un vecchissimo pezzo di una vecchissima demo presa e riarrangiata.
“Lover” e “Dawn” sono i pezzi che risentono maggiormente di una specie di nu-prog, tante partiture, tante sensazioni, continui cambi di registro dove la costante rimane la voce ...
Queste cinque canzoni sono sicuramente quelle più cervellotiche come testi e come immagini,
proprio perché sono quelle che esplorano gli aspetti maggiormente infetti e malati dell’amore ... per altri pezzi come “Equal to 0” il messaggio è univoco e più esplicito soprattutto perché si parla di sesso senza tanti filtri ehehehehe.
Di “Message To Jolene” esiste anche un videoclip, facilmente reperibile in rete. Cosa ci potete raccontare sulla sua realizzazione?
Jacopo Montali: Abbiamo spostato un centinaio di bancali e steso teli neri per metri e metri di parete ma ne è valsa la pena, sono stati due giorni molto faticosi ma anche molto divertenti. Avevamo studiato la tipologia di video che volevamo per questa canzone ... una sorta di live artistico in un luogo non riconoscibile. In seguito Il nostro fonico ha preso in prestito un bel service luci e abbiamo fatto almeno 85 takes della canzone, riprendendo i vari dettagli e le varie sfumature naturalmente con numerosi giochi di luce ... volevamo presentarci e attraverso l’impatto visivo valorizzare la canzone.
“Message to Jolene” ci è subito sembrata la scelta azzeccata per questa tipologia di video.
Discorso a parte merita, poi, la cover di “Missing”, degli Everything But The Girl. Come mai avete scelto questo brano e come avete accolto le parole di “approvazione” utilizzate da Ben Watt per commentare la vs. versione?
Nicola Briganti: “Missing è l’unica cover del nostro repertorio live, abbiamo deciso di inserirla nel cd perché parla di abbandono e senso di alienazione ... non ci abbiamo pensato due volte, era il tipo di canzone che, nonostante nel 94 imperversasse nelle discoteche, ti lascia quel senso di smarrimento e nostalgia ... una canzone dance con un’anima ... quindi un tassello portante per un concept che parla d’amore. Dopo due settimane che avevamo inviato la nostra versione rock di “Missing” alla Sony Publishing UK, c’è arrivato il nulla osta con allegate due righe di Ben Watt che ci esprimeva la sua approvazione per una versione così riuscita. Increduli faremo delle magliette con scritto “BEN WATT SAID: ...” ahahaah a parte gli scherzi, siamo orgogliosi di un tale attestato di stima da un personaggio così autorevole, almeno per la musica pop anni 90.
Avete un’etichetta italiana, ma avete deciso di masterizzare il Cd a Los Angeles … Come mai questa scelta? E’ ancora difficile trovare gente che sappia “maneggiare” adeguatamente la musica rock in Italia?
Carlo Alberto Morini: Il mastering è una parte fondamentale nella realizzazione di un cd, volevamo che il mix fosse valorizzato; così abbiamo richiesto varie prove di mastering in Italia, Europa e America e la tipologia di sonorità che ci ha subito convinto era quella del Marcussen di Los Angeles ... proprio perché ha dato quella magica patina e apertura sonora propria dei prodotti made in USA.
Era la soluzione più logica, alla fine il nostro genere risente molto delle sonorità americane; In Italia ci sono molti studi che lavorano bene, però volevamo un “orecchio estero” per “Memo”.
Rimanendo sul tema, anche se oggi le cose sono un po’ cambiate, almeno all’apparenza, e l’affermazione di alcune bands italiane pure a livello “internazionale” sembrerebbe testimoniare la diminuzione di quella tipica (e spesso superficiale) sottovalutazione dei nostri prodotti, a cui per anni abbiamo dovuto sottostare, sentite che questo essere “italiani” può in qualche modo essere un ostacolo per il vs. successo?
Gabriele Anversa: Fare il nostro genere in Italia è spesso un ostacolo, perché il rock non è nel dna dell’ascoltatore medio della nostra cara penisola, abbiamo avuto e stiamo avendo molti attestati di stima proprio dall’estero (recensioni, vendite su Itunes). Essere Italiani è sempre una condizione particolare per gli occhi anglossassoni tuttavia se la musica che si propone è credibile, inglesi e americani sono i primi a elogiarti e tenerti in grande considerazione.
Certo bisogna sempre superare l’handicap di proporre un qualcosa che è nel loro background ed essere all’altezza delle centinaia di gruppi che sfornano.
Mi risulta che siete impegnati un live-tour piuttosto importante, che vi porterà in giro per l’Europa e vi condurrà, a quanto sembra, addirittura in California. Cosa ci potete raccontare a proposito?
Cristian Ferrari: Sì, speriamo vada tutto in porto, diciamo orientativamente, che continueremo la promozione del cd fino ad Ottobre in Italia, poi grazie alla nostra etichetta digitale Rainboot, dovremmo fare due o tre date in Inghilterra e poi per gennaio / febbraio suonare con qualche buon contatto della nostra italianissima Zetafactory in California ... poi chissà, speriamo anche di toccare la Germania.
Prima o poi dobbiamo andare all’estero con il genere che proponiamo.
Arrivati a questo punto, qual è la strategia di una band giovane e di talento come i Lena's Baedream per emergere in un business discografico fatto di continue reunion “eccellenti” e profusione di ristampe, e dove la diffusione della musica digitale ha in parte contribuito alla diffusa superficialità dei musicofili (anch’essi sempre più rari, peraltro)?

Jacopo Montali: La costanza, la coerenza e suonare tanto nei club sono le uniche armi per le band che non hanno alle spalle delle strategie di marketing milionarie o fanno parte delle Major.
Cercare di mantenere attraverso i social network un forte contatto con altri musicisti e con i piccoli gruppi di fan. Lavorare seriamente senza dimenticare il lato bello e divertente di far musica.
Tecnicamente bisogna far sì che la propria musica sia facilmente reperibile soprattutto in digitale, una discreta distribuzione fisica anche estera non guasta mai accompagnata dall’antichissimo “passaparola”... dopodichè se vinci al superenalotto ti sei tolto qualche problema di visibilità, ma in attesa del colpo di c..o, bisogna suonare e sudare.
Nel rinnovare i ringraziamenti e nell’augurarvi un caloroso “in bocca al lupo”, non ci rimane che concludere con il tradizionale messaggio della band intervistata al “popolo” di Metal.it …

Grazie di cuore Metal.it, perché siete sempre molto sensibili e attenti alla scena underground italiana e grazie a te Marco perché è da un po’ che ti devi sorbire la nostra musica (è un piacere, guys! N.d.A.) ... “Marco santo subito” ahahahaha.
Un abbraccio dai Lena’s Baedream.
Intervista a cura di Marco Aimasso

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