(28 novembre 2007) Helloween + Gamma Ray + Axxis - 28/11/2007 (Alcatraz, Milano)

Info

Provincia:MI
Costo:30 euro + d.p.
L'Hellish Tour, che vede calcare lo stesso palco i Gamma Ray e gli Helloween, è alla sua seconda (ed ultima) data in Italia, dopo quella tenutasi ieri sera a Roma, dove alle due bands si sono aggiunti gli Axxis.

Sono proprio questi ultimi a dare via allo spettacolo, in un Alcatraz gremito e davanti ad una platea entusiasta e sopratutto ben disposta. Una formazione, quella guidata dal cantante Bernhard Weiß, che si muove tra il classico Hard Rock ed il Power Melodico, alla quale seguono prima i Gamma Ray, autori di un concerto di puro ed incontaminato Heavy Metal, ed infine gli Helloween, che si propongono in un grande show. Già, se l'anno scorso al Gods of Metal 2006 i Gamma Ray avevano surclassato gli Helloween, fronteggiati da un Deris in palese difficoltà, questa sera le cose vanno diversamente ed entrambe le bands non lasceranno alcun appiglio a critiche.
Sergio Rapetti

Axxis
Ad inaugurare questa bella serata all’insegna dell’heavy metal “tetesko ti Cermania”, ci pensano gli Axxis, per il secondo tour consecutivo di spalla agli Helloween. Segno, evidentemente, di un buon rapporto fra le due bands e soprattutto del valore degli Axxis in sede live. Rispetto allo show del 2006, questi ultimi si presentano con due nuovi elementi: il giovane chitarrista Marco Wriedt, sostituto in pianta stabile di Guido Wehmeyer, e la cantante Ana Mladinovici dei rumeni Magica, che prende temporaneamente il posto di Lakonia al fianco del veterano Bernhard Weiß. L’impatto live degli Axxis è sempre molto buono e il concerto di stasera non fa certo eccezione, mostrando inoltre il perfetto inserimento dei due nuovi arrivati.
Nella manciata di minuti a loro disposizione, i tedeschi si lanciano in brani come la recente e trascinante “Doom Of Destiny”, title track dell’ultimo album, alternati ad episodi più datati come “Save Me”, da “Axxis II”.
Il pubblico reagisce molto bene, complice anche la simpatia di Weiß, che non perde mai occasione di scherzare con i fans e con i compagni di gruppo, senza però dimenticarsi di offrire una performance vocale di tutto rispetto. Ottimi i duetti con Ana, fra cui una splendida “Take My Hand”, ben interpretata da entrambi. Finale superbo con la grandiosa “Angel Of Death” e con la classica “Kingdom Of The Night”, accolta alla grande dai fans di vecchia data.
In definitiva, gli Axxis dimostrano una volta di più di essere una band da rivalutare, nonostante alcuni dei primi sostenitori siano rimasti scontenti della svolta power metal di qualche anno fa. Al di là dei gusti, Weiß e soci rimangono un gruppo solido e divertente, che non sfigurerebbe affatto in veste di headliner!
Michele Marando

Gamma Ray
Con alle spalle l'appena uscito "Land of the Free II", i Gamma Ray salgono sul palco dimostrando subito di essere in gran forma. Il concerto parte un po' a sorpresa con una "Heaven Can Wait" d'annata (risale all'esordio "Heading for Tomorrow" del 1990) seguita in rapida successione da due pezzi forti del loro repertorio come "New World Order" e "Land of the Free".
Tocca poi a due canzoni più recenti, "Fight" e la nuovissima "Real World", un brano saltellante ed orecchiabile che, oltre ad attirare i consensi del pubblico, prelude a quel capolavoro che risponde al nome di "Rebellion in Dreamland", ovviamente cantata a squarciagola da tutti i presenti.
Gli stessi che si lasciano coinvolgere dalla successiva "Heavy Metal Universe", un brano tutto sommato banale ma dalla grande presa, e, infatti, Kai Hansen ne approfitta per fare cantare gli spettatori. Parte di questo momento è riservato al pubblico femminile al quale Kai chiede di intonare il ritornello, e se la prima volta qualche maschietto si intromette (metallari dalla sessualità confusa, commenterà il frontman dei Gamma Ray), alla seconda occasione gli rispondono solo voci femminili, che gli strappano un divertito commento: "ah... ah... Mickey Mouse on Steel".
Ci si sta avvicinando alla fine del concerto e la formazione tedesca, ormai consolidata dalla presenza di Dirk Schlachter, Henjo Richter e Dan Zimmerman, non mostra cedimenti di sorta, tantomeno la voce di Kai Hansen, il quale può comunque tirare il fiato sulla sempre emozionante e toccante "The Silence", prima di lanciarsi in una apprezzatissima "Ride the Sky", un classico strappato dal songbook degli Helloween, ed un succoso antipasto di quel siparietto che chiuderà la serata.
Ma ora c'è ancora spazio per una "Somewhere out in Space" (dilatata, come peraltro già avvenuto spesso in passato) che chiude la prima parte del loro concerto. Solo pochi minuti di pausa ed i quattro musicisti ritornano sul palco per un'intensa "Send Me a Sign", che mette a dura prova sia i musicisti sia il pubblico e pone anche il definitivo sigillo ad una performance entusiasmante.
Sergio Rapetti

Helloween
Da alcuni anni a questa parte, le sempreverdi “zucche” di Amburgo fanno di tutto per stupire i propri fans, sia con scelte imprevedibili a livello di scaletta, sia con scenografie di sicuro effetto. Questa volta, il palco degli Helloween è davvero un’opera d’arte, la rappresentazione tridimensionale e perfetta della copertina del nuovissimo “Gambling “With The Devil”, con tanto di roulette piazzata alle spalle della batteria.
In un Alcatraz pieno, esattamente come lo era durante le ultime due apparizioni milanesi della band, parte una intro che da sola dovrebbe far presagire alcune succulente sorprese: il lugubre monologo che apre l’ultimo album viene mixato con l’apertura di “Walls Of Jericho”, mentre le successive prime note suonate dal buon vecchio Michael Weikath fanno levare le mani al cielo alla maggior parte dei presenti.
Si parte infatti con “Halloween”, la lunghissima suite tratta dal primo “Keeper Of The Seven Keys”. La band è in formissima, decisamente migliore rispetto allo scorso tour, soprattutto Andi Deris, da sempre bistrattato dai fans legati all’ugola d’oro di Michael Kiske, sfodera da subito una prestazione grintosa e di ottimo livello. Alla fine del tour de force di “Halloween”, ci sono solo applausi per un’interpretazione davvero positiva, sua come di tutto il resto del gruppo. Altro giro, altro gradito ripescaggio, stavolta da quel “Master Of The Rings” che aveva segnato il ritorno in grande stile degli amburghesi nel 1994: “Sole Survivor”, brano d’apertura nonché più rappresentativo di quel disco, deflagra in tutta la sua potenza di fronte ad un pubblico divertito e ben disposto.
E’ però col brano successivo che le mascelle di molti fans cadono a terra, increduli nel sentire le prime note di “March Of Time”, uno dei pezzi più impegnativi dell’era Kiske.
“Ce la farà Andi?!”, si chiedono in molti. La risposta è “sì, ce la fa, anche se onestamente con un po’ di fatica”. Purtroppo, la canzone è in parte rovinata da un clamoroso errore dell’altrimenti perfetto batterista Dani Loble, che fra il primo ritornello e la seconda strofa va un attimo in confusione, beccandosi fra l’altro un’occhiataccia di Deris.
Il tutto dura, per fortuna, solo una manciata di secondi, dopo di che la band si “ritrova” e il brano fila liscio come l’olio fino alla conclusione. Tempo di estratti dall’ultimo album, con il piacevolissimo singolo “As Long As I Fall”, per poi proseguire nell’opera di rivalutazione di brani accantonati da qualche tour, in questo caso la devastante “We Burn”, opener di “The Time Of The Oath”. Il primo momento riflessivo arriva con la ballad “A Tale That Wasn’t Right”, stabile in scaletta da diverso tempo ed interpretata degnamente da Deris.
A questo punto, è tempo di farci due risate, in concomitanza con l’assolo del vulcanico Loble: non appena il nostro inizia a torturare i propri tamburi, alla sua destra compare nientemeno che un teatrino, con Andi Deris, Markus Grosskopf e Sacha Gerstner impegnati, nella parte delle marionette, a deridere scherzosamente il batterista. L’effetto stile “chipmunks”, applicato al microfono di Deris, rende il tutto assolutamente esilarante, nel momento in cui i quattro si lanciano in una divertentissima cover di “Smoke On The Water”. Provate a immaginare Alvin Rock ‘n’ Roll intonare “we all came out to Montreux…” e avrete un’idea!
La cosa bella è che il pubblico accompagna il siparietto cantando in coro tutta la canzone, almeno fino a quando non compare Weikath con un fucile laser, bofonchiando qualche insulto e abbattendo le tre malcapitate “marionette”…
Niente da dire, se non che personalmente trovo molto positivo il fatto di voler divertire il pubblico con queste trovate, semplici ma simpatiche e sicuramente efficaci.
Quasi a voler rimarcare la distinzione fra teatrini e concerti “seri”, il brano successivo è l’intricata “King For A Thousand Years”, che, per quanto accorciata in alcuni punti, è incredibilmente (in senso buono) apprezzata dai fans.
Nulla, comunque, in confronto al boato che da sempre accompagna l’esecuzione di “Eagle Fly Free”, come puntualmente accade anche stasera, per quello che è un episodio fisso ed irrinunciabile di ogni concerto degli Helloween da quasi 20 anni a questa parte. Si prosegue con la recente “The Bells Of The 7 Hells”, uno dei brani più riusciti dell’ultimo album, tremendamente heavy e dotato di un refrain stupendo. Deris chiama poi tutti i presenti a lanciarsi in un party con l’inossidabile “Dr. Stein”, cantata a gran voce dai fans, per poi concludere la prima parte dello show. L’attesa per ciò che tutti stanno aspettando dal primo minuto cresce, ma prima c’è tempo per un gran bel medley di tutte quelle canzoni che meriterebbero di far parte della set list, ma che per un motivo o per un altro, ne sono rimaste fuori: si inizia con “Perfect Gentleman”, si prosegue con “I Can”, “Where The Rain Grows”, “If I Could Fly”, ancora “Perfect Gentleman” con un lungo break per far cantare il pubblico e presentare il gruppo, per poi concludere con la sempre amatissima “Power” e con la parte finale di “Keeper Of The Seven Keys”.
In circostanze normali, questo sarebbe stato un finale perfetto per il concerto, ma questa sera la gente vuole qualcosa di più, qualcosa che molti stanno aspettando da 18 anni. Qualcosa che puntualmente, finalmente, si avvera: partono le note di “Future World” e sul palco salgono tutti gli Helloween accompagnati da Kai Hansen, Henjo Richter e Dirk Schlachter. Certo, due band complete sullo stesso palco fanno un macello senza precedenti e l’esecuzione non è sicuramente la migliore, ma rivedere Kai Hansen, insieme a Weikath e Grosskopf, suonare i grandi classici degli Helloween, è un’emozione che tutti i veri fans delle zucche ricorderanno a lungo!
Il compito di chiudere l’evento spetta al brano simbolo di tutta la carriera degli Helloween, “I Want Out”, cantata a turno da Hansen e Deris in un duetto che stampa un sorrisone di compiacimento sulla faccia della maggior parte dei presenti.

Che dire, alla fine di una tale serata? E’ stato un gran concerto, suonato alla grande da tutti e tre i gruppi, ma che soprattutto ha riservato un sacco di belle sorprese.
Un applauso sincero ad Andi Deris, anche solo per il coraggio che ci vuole ad affrontare, peraltro brillantemente, così tante canzoni dell’era Kiske. Un applauso doveroso anche a Kai Hansen, che ha sotterrato l’ascia di guerra coi suoi vecchi compagni per regalarci una serata indimenticabile, all’insegna del sano divertimento. Insomma, bravissimi tutti e speriamo di poter assistere ad altri concerti come questo!
Michele Marando

Foto di Sergio Rapetti
Report a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 11 dic 2007 alle 01:46

Grandissimi GAMMA RAY. da notare la foto dello striscione per loro!

Inserito il 11 dic 2007 alle 00:13

ci mancava proprio questo michele marando... bella vecchio! leggendo le tue parole ho rivissuto in pieno tutte le fantastiche emozioni di quella sera... incredibile.... grandi zucche!!!! p.s. berzin piansa mia

Inserito il 10 dic 2007 alle 17:49

Complimenti per il report.. Ottimo.. Completo, dettagliato, belle foto.. Concordo per tutto. Bravo!