Copertina 10

Info

Past
Anno di uscita:1969
Durata:41 min.
Etichetta:Atlantic

Tracklist

  1. WHOLE LOTTA LOVE
  2. WHAT IS AND WHAT SHOULD NEVER BE
  3. THE LEMON SONG
  4. THANK YOU
  5. HEARTBREAKER
  6. LIVING LOVING MAID (SHE'S JUST A WOMAN)
  7. RAMBLE ON
  8. BRING IT ON HOME

Line up

  • Robert Plant: vocals, harmonica
  • Jimmy Page: guitar
  • John Paul Jones: bass, organ
  • John Bonham: drums

Voto medio utenti

Se non avete mai sentito questo album, inutile dirvi che è davvero ora di correre ai ripari, perché questo, a mio parere, è il disco che consegna i Led Zeppelin al mito, consacrando un modo di fare musica fino ad allora sconosciuto.

Basterebbe l’opener Whole Lotta Love a giustificare i soldi spesi per l’acquisto: riff senza tempo, parte centrale splendidamente psichedelica e affondi finali che sembrano cannonate. Gli umori altalenanti di What Is And What Should Never Be portano al rock scanzonato di The Lemon Song, prima della delicata Thank You, altra song da annoverare tra i grandi classici della band.
Se già fin qui le cose sembrano andare alla grande, quello che accade dopo è addirittura superiore: Heartbreaker ci riporta all’anima più hard degli Zep, con Plant in grande spolvero e Page che si prende l’onere di condurre un solo memorabile nel break centrale. Subito dopo Living Loving Maid arriva come uno sberlone a farci saltellare senza sosta, mentre Ramble On è una ballata acustica piena di colori, che però mostra ancora una volta quanta fatica faccia il dirigibile a trattenere la voglia di picchiare duro. Con Moby Dick arriva per Bonzo il momento di passare alla storia grazie ad un assolo che tutti dovrebbero aver imparato a memoria alla School Of Rock, incastonato in una splendida canzone strumentale. Si chiude con un omaggio alle radici blues, anima dello Zeppelin sound: Bring It On Home è una di quelle song che non si dimenticano e che possono regalare una fedelissima fotografia di quello che questi quattro ragazzi erano in grado di fare.

Negli anni seguenti la band dirà ancora tante, tante cose, scrivendo nuove pagine memorabili della storia del rock. Ma questo album rappresenta la svolta: qui la band ha manifestato con estrema chiarezza l’intenzione di sconvolgere il mondo.
Discone eterno: se volete bene al rock e a voi stessi non potete non averlo.
Recensione a cura di Alessandro Quero

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 17 set 2012 alle 22:20

Eheh mi spiace Ennio, amo i LZ, ma PG non mi ha mai "preso" particolarmente, a parte i capolavori Kashmir e Ten Years Gone. Ma lo riprenderò in mano sicuramente! ;)

Inserito il 17 set 2012 alle 18:50

Ogni voto è superfluo...Capolavoro! Come LZ I,III,IV e Houses of the Holy. Da Physical Graffiti in poi possiamo discuterne... aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaargh! Soffro, ma rispetto le opinioni altrui. Diciamo che, in particolare, PG è forse il disco dei Led Zep che mi piace di più in assoluto; ma stiamo parlando di una serie di meraviglie, uno alla fine sceglie in base a sfumature di gusto personali. E beh, si, PG può risultare un pò più "controverso" (come il successivo - splendido - Presence), tuttavia gli basta contenere In my time of dying e Kashmir. Il resto mancia.

Inserito il 17 set 2012 alle 17:59

qualcuno di voi sa dirmi per quale motivo Jimmy Page ha una caramella in bocca da più di ventanni? o comunque per quale motivo assume l'espressione alla popeye?

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