Fear Factory - Remanufacture (Cloning Technology)

Copertina 7,5

Info

Past
Anno di uscita:1997
Durata:64 min.
Etichetta:Roadrunner records

Tracklist

  1. REMANUFACTURE
  2. NATIONAL PANEL BEATING
  3. GENETIC BLUEPRINT
  4. FAITHLESS
  5. BIONIC CHRONIC
  6. CLONING TECHNOLOGY
  7. BURN
  8. T-1000
  9. MACHINES OF HATE
  10. 21ST CENTURY JESUS
  11. BOUND FOR FORGIVENESS
  12. REFINERY
  13. REMANUFACTURE (EDITED VERSION)

Line up

  • Burton C. Bell: Vocals
  • Dino Cazares: Guitars
  • Christian Olde Wolbers: Bass
  • Raymond Herrera: Drums

Voto medio utenti

Remanufacture (Cloning Technology)” rappresenta il secondo esperimento di remix dei Fear Factory dopo “Fear Is The Mindkiller”, con la differenza che qui il progetto è più organico e strutturato e viene inserito nel concept cibernetico della band.
Le macchine hanno stabilizzato il controllo sull’uomo, ma si rendono conto che non possono progredire senza la variabile umana, l’anomalia sistemica che permette al sistema stesso di migliorarsi attraverso il ciclico debug cui le macchine stesse si sottopongono. L’uomo adatto è ancora una volta Rhys Fulber, già autore delle prime sperimentazioni in “Fear Is The Mindkiller”, cui è affidata la sperimentazione sul possibile miglioramento del sistema cibernetico che, come più “umanamente” non potrebbe, ha sete di progredire ad uno stadio superiore. Il disco in questione fu accolto male dai molti fans dei Fear Factory, accusati da un lato di una mossa commerciale e dall’altro di essersi messi a fare musica simil-dance (sul disco è anche presente Junkie XL). La realtà è che questo disco, pardon questa sperimentazione, ha mostrato immaginari fantascientifici e d’assoluto valore. È un passo deciso, anche se talvolta malfermo, verso la perfetta fusione tra le scorie del metallo pesante e l’elettronica nella sua forma più dura, che si chiami house music, harsh techno o ebm.
L’esperimento dà nuova luce alle canzoni di “Demanufacture”, in alcuni casi potenziando il brutale dinamismo della canzone, come nel caso “Genetic Blueprint (New Breed)”, in altri casi offrendo un approccio quasi psichedelico, come nel caso di “Faithless (Zero Signal)”, ad ogni modo, in generale, producendo musica eccitante sebbene aumentando quel senso di glacialità, di asetticità, del disco originario.
Una menzione particolare per “Machines Of Hate (Self Bias Resistor)”, con un beat martellante che sfocia nella gabber o nell’hardcore techno più spinta.
Un esperimento che, forse non perfettamente compiuto, resta affascinante e va annoverato come uno dei più coraggiosi dei Fear Factory.


Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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