Copertina 8

Info

Anno di uscita:2001
Durata:51 min.
Etichetta:Black Widow
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. DI SOGNO IN SOGNO
  2. DAL DIARIO DI UN TAGLIATORE DI PIETRE
  3. KOMPLOTT CHAROUSEK
  4. FUNERALE A PRAGA
  5. SALON LOISITSCHEK
  6. GOLEM
  7. GIORNI DI NEVE
  8. MYRIAM
  9. IO IL BAGATTO, IO L’APPESO
  10. IL SEGNO DEL COMANDO (REPRISE)

Line up

  • Mercy: voce, liriche
  • Diego Banchero: basso
  • Gabriele Grixoni: chitarra
  • Franz Ekurn: tastiere
  • Francesco La Rosa: batteria
  • Livio Carusio: chitarra

Voto medio utenti

Mi arriva con spiacevole ritardo il nuovo lavoro de “Il Segno del Comando”, alter-ego progressivo dei Malombra, l’identità dove Mercy e compagni sono liberi di esprimere al meglio la loro profonda conoscenza della cultura musicale settantiana non in senso revivalistico e folkloristico, come chiaramente spiegato dal cantante nell’intervista che ci ha concesso al seguito di “The dissolution age”, bensì come prosecuzione di una linea stilistica che oggi conta un numero estremamente esiguo d’interpreti. Atmosfera e fascino mitteleuropei intrecciati con trame prog-rock di altissimo livello emozionale, per nulla ispirate dal virtuosismo imperante oggi, lontane dagli arrangiamenti ridondanti che spesso hanno affossato anche esecutori di primo piano, anzi votate ad un’essenzialità quasi scarna che rafforza il lirismo delle canzoni, è una pallida sintesi di ciò che emerge da questo ingegnoso album che in svariati passaggi mi ha riportato alla mente il mitico “Darwin” del Banco del Mutuo Soccorso, a mio parere uno dei più bei dischi di rock italiano in assoluto. “Der Golem” si alimenta di una superba e cupa eleganza, tematiche complesse vengono trattate con una forza evocativa di raro spessore, vivido esempio il morente protagonista dell’incantevole “Komplott Charousek” descritto con la drammaticità di un poema decadentista, ma è l’intero impianto dei testi ad avvincere per la loro profondità su più livelli con il meritevole pregio aggiuntivo di un inaspettato quoziente di scorrevolezza ed orecchiabilità, importante dimostrazione che anche cantando nella nostra lingua si ottengono risultati ragguardevoli se ispirati dalla qualità. Molti sono i momenti memorabili di quest’opera, evidenzio brevemente la nervosa urgenza di “Golem” dentro la quale si incastona un refrain tanto immediato quanto brillante, la doppia vita di “Salon Loisitschek” in parte minimalmente recitata in parte sontuosa improvvisazione progressiva settantiana, la dolce e delicata escursione chitarristica dello strumentale “Myriam”, una malinconica fisarmonica evocatrice di tempi uggiosi che introduce “Io il bagatto, io l’appeso” preparando il terreno ad un vibrante esempio di rock senza tempo, le cui radici affondano in un area dalle forme incerte che passa dalle Orme ai Black Widow ad oggi con un’unica soluzione di continuità. Un disco bellissimo, che si presta ad analisi approfondite, a riletture diverse poiché ad una superficie intensa e sobria corrisponde un cuore colto ed intricato, una realizzazione che pone il clan di Mercy ai vertici della scena italiana sia sotto il profilo creativo e musicale che in quello concettuale. Tante altre considerazioni sarebbero da fare, tante belle parole da spendere, ma a che serve appesantire il mio commento quando basta una parola ed il voto che ne consegue per sintetizzare il tutto: straordinario.

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