Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2002
Durata:69 min.
Etichetta:Record Heaven
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. SILENTLY DRIFTIN’
  2. BLUE FROZEN FLAME
  3. HIGH ON HOPES
  4. AURA FIDUCIA
  5. NO PEAK TO PASS
  6. COMPROMISED SPACE
  7. HEALIN’ SKIN
  8. BREATH MESSAGES
  9. IN THE SPIRAL
  10. ODE TO THE UNDONE
  11. THE TUNNEL INVERSION
  12. BABY GAIA
  13. TOMBOLA

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Prendete un gruppo particolare, facciamo ad esempio gli Hawkwind o i 13th Floor Elevator o addirittura i mitici Gong o chi vi pare basta sia molto, molto psichedelico. Aggiungete una dose di prog settantiano e di cadenze Pinkfloidiane, un altrettanto massiccia dose di acido ai musicisti. Accantonate ogni idea di metal, hard rock o stoner. Dimenticatevi di avere un corpo e concentratevi sulla mente, in attesa di un lungo ed espanso viaggio onirico e sensoriale.

Siete pronti per i Darxtar.

Svedesi, in attività dal lontano 1989, line-up in continuo mutamento che ruota intorno a Soren Bengtsson e che da’ l’idea di una comune di artisti più che di una band vera e propria, avevano pronto il concept “Tombola” fin dal 1998 ma l’ascolto di questo gorgo psichedelico aveva fatto fuggire le poche etichette interessate, fino all’intervento della Record Heaven che ha avuto il coraggio di pubblicarlo adesso.

Tanto per capirci, questo album inizia con i cinque minuti semiacustici di “Silently driftin” a base di chitarra, mandolino e balalaika (!), se superate l’impatto apprezzerete tutto il resto, se no lasciate subito perdere.

Difficile descrivere un lavoro che per la maggior parte è impostato su ritmi psycho-lettici, esasperata ricerca di suoni ed atmosfere retro’-rock ed improvvisi stacchi dinamici ed energetici. Qui non c’è niente che possa travolgere di primo acchito, è piuttosto un sound che si insinua sottilmente e induce a scoprirne sempre nuovi lati, nuove emozioni.

Addentrandoci in questi meandri dopati troviamo spunti veramente eccellenti: la magica melodia floydiana della dilatata “Compromised space”, lenta, mistica, affascinante, che monta come un’onda fino alla ruggente coda finale, l’aura “sixtiees” di “Blue frozen flame”, le chitarre spaziali in “High on hopes” e “No peak to pass”, lo strepitoso double-face di “The tunnel inversion” con una parte convulsa, punkeggiante, ed una narcolettica, una nenia vocale sussurrata morbidamente, per poi riprendere dall’inizio invertendo gli estremi. Ed ancora l’armonica che punteggia lo pseudo country-blues “Healin’ skin” ma anche qui tutto si trasforma di colpo in uno squadrato groove di chitarre taglienti. Una continua metamorfosi sonora. Armonie dissonanti di “In the spiral” e violini nella nostalgica “Ode to the undone” che risulteranno entrambe indigeste a chi non è portato per la musica d’introspezione, l’infinito volo allucinato della title-track che pare non avere fine.
Frammenti, tasselli di un mosaico comprensibile solo nella sua totalità.
Citerei ancora i disciolti Dreamgrinder ed i The Heads, che per i pochi che li conoscono possono servire da vago metro di paragone. Un lavoro denso e faticoso, con lati positivi ma altrettanti chiaroscuri, che richiede concentrazione e dedizione assoluta ed esigenza di evadere dalle solite cose.

Non so che interesse possa suscitare un disco di questa fattura in un pubblico metal-oriented, ma per quel che vale a me è piaciuto per la sua complessità.

Per chi sia anche solo vagamente interessato ad un eventuale acquisto ritengo indispensabile consigliare un ascolto preliminare per evitare cocenti delusioni.

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