I
Sainte Obyana du Froid sono uno dei tanti progetti del musicista francese
Hylgaryss – che io conosco soltanto per quei due bellissimi dischi, rilasciati tra il 2001 e il 2010, con la sua one man band
Winter Funeral – coadiuvato dalla cantante
Obyana al microfono.
Esce proprio in questi giorni di fine 2025, sotto il patrocinio della label
Transcendance, il primo full-length della coppia:
"The Purest Ending".
Sì tratta di un album di Atmospheric Black Metal incentrato sulla dimensione del gelo, della scomparsa e del desiderio estremo di dissolversi nella natura attraverso la morte. Attorno a questi temi si sviluppa anche il nucleo concettuale dell’opera:
"The Purest Ending" è infatti una meditazione metafisica sull’inverno e sul suicidio, la narrazione mistica dell’incontro tra
Obyana la Santa e il freddo assoluto, con cui ella aspira a identificarsi mentre muore sotto la neve, per congiungersi alla natura e al Tempo nella sua dimensione eterna.
Tre brani di lunga durata concepiti come fossero un'unica composizione trascinano l’ascoltatore in una situazione totalizzante e vertiginosa: un percorso che oscilla tra contemplazione, depressione e una bellezza bianca, glaciale, che incanta e annienta. Un viaggio dal quale non si torna indenni: affresco atmosferico realizzato con i riflessi opalescenti e diafani del ghiaccio, dove i tremolo monocorde ricoprono la maggior parte del tessuto musicale, e lo scream di
Obyana vi si amalgama alla perfezione corroborato dai classici blast beat implacabili e asettici. Tutto, come avviene per le releases Atmospheric, confluisce in una produzione ovattata, la quale lascia fluire il suono come fosse un eco proveniente da una caverna. Le melodie, mai ridondanti, sottili, benché costantemente presenti, insieme a voci rituali, tastiere di sottofondo e synth, rendono le strutture incantate ed eteree, amplificando l'anelito di trascendenza – orizzontale, non verticale, più in conformità al classico desiderio di ritorno al grembo, o all'utero, dell'oggetto materno teorizzato dalla psicoanalisi, che una reale ascesi – immanente a tutta la musica dei due francesi, insieme a un contesto ben calibrato di suoni d'ambiente, naturalistici, che ci restituiscono quella dimensione così desolata quanto affascinante, quale è quella propria della vera fiamma nera…
Il Grande Nord.
È un lavoro adatto per chi ama le sonorità della vecchia guardia stile
Burzum di
"Filosofem" (1996) , o i più recenti
Bekëth Nexëhmü,
Paysage d'Hiver,
Silver Knife, e realtà classiche del Depressive statunitense come
I Shalt Become,
None (giusto qualche eco)… ecc.ecc.
"The Purest Ending" è un disco avvolto dal manto soffice della neve… ma anche intransigente nella devozione con cui ripropone una delle declinazioni più spirituali, e incontaminate, del nostro amato Black metal.
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