Vi piacciono i Crashdiet, i Lipz e i Crazy Lixx?
Siete un po’ stanchi di assistere all’esaltazione della “scuola scandinava” in quel genere denominato
hair-metal e propugnato nella sua conformazione “originale” da gente come Bon Jovi, Warrant, Danger Danger e Poison?
Qualora abbiate risposto in maniera affermativa, sono certo conoscete già le qualità dei
Midnite City, uno dei più autorevoli interpreti, fuori dai confini delle
Lande Nordiche, di quell’annosa tendenza che vuole la musica un mezzo per “fare festa”, per crogiolarsi nella forma più “ingenua” delle malinconie romantiche o per liberarsi dalle preoccupazioni del vivere quotidiano.
Spesso si tratta di un semplice “inganno dei sensi”, che però i nostri britannici, giunti al quinto
album, riescono a rendere piuttosto credibile e quasi “reale”, tanto da diventare autentici campioni di quel
rock “d’intrattenimento” per parecchio tempo bistrattato e tornato in auge in maniera piuttosto marcata.
“
Bite the bullet” è, dunque, un altro tuffo nel passato, ma talmente vivido da suggestionare anche chi gli anni ottanta li ha frequentati in prima persona, mentre a tutti coloro che per questioni anagrafiche certe situazioni le hanno soltanto “studiate” grazie ai sacri testi, non rimane che cogliere l’occasione per riviverle, meglio ancora se stipati nella calca entusiasta di un concerto dal vivo.
Nell’attesa di quest’ultima eventualità, affidarsi allo sbarazzino inno Poison-
esco “
Live like ya mean it” è una scelta altamente consigliabile, così come “
Worth fighting for” appare perfetta per stimolare una munifica dose di serenità negli estimatori dei suoni vaporosi e solari.
A soddisfare la necessità di vera e propria languidezza ci pensa “
It’s going to be alright”, e se anche l’inquietudine qualche volta fa parte del vostro modo d’intendere il nobile ruolo di
rockofilo, ecco arrivare “
Heaven in this hell”, non lontana dall’
Alice Cooper della fine degli
eighties.
“
Running back to your heart” e l’inebriante “
Lethal dose of love” “sbloccano ricordi” (come dicono quelli bravi e
à la page …) legati alle giornate passate a consumare (fantasticando …) i dischi di Trixter, Firehouse e Danger Danger e, dopo il breve strumentale crepuscolare “
Archers song”, “
Seeing is believing” è un’altra di quelle ballate che in altri tempi avrebbero trovato agevolmente un ampio spazio “radiofonico”.
“
No one wins” evoca (fugaci) delusioni d'amore, nel brano più “cinematografico” di una raccolta che in “
Hang on til tomorrow” piazza un ritornello da contagio immediato e con “
When the summer ends” mescola malinconia e spensieratezza, sfruttando ad arte l’effetto “nostalgia” connesso ad un
sound dato per “spacciato” forse troppo presto, sebbene diventato, ad un certo punto della sua gloriosa parabola, scialbo e fasullo.
Ebbene, nel ciclo incontrollabile dei “ricorsi storici”, la rinnovata voglia di un’attitudine all’insegna del “
young, free & crazy” conferma i
Midnite City tra i validi divulgatori di tali “antiche” suggestioni, magari illusorie, ma sempre parecchio coinvolgenti.
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