Dopo l'EP di esordio del 2023, l'ottimo "Faliscjis", i friuliani
Unviâr approdano alla sempre attenta
ATMF e si cimentano con il loro primo lavoro di lunga durata,
"Disglaç", mettendo subito in chiaro che le ottime basi gettate due anni fa non erano un caso, ma le fondamenta sulle quali costruire un lavoro di Black Metal dal taglio atmosferico, indissolubilmente legato alla Terra di provenienza del gruppo, che riesce nel non facile intento, visto le decine e decine di proposte simili, di distinguersi ed elevarsi sopra la media.
Il segreto degli
Unviâr sta, sembra banale scriverlo, nel loro talento: il songwriting è di ottima fattura, le melodie "intime" e dal grande respiro, l'essenza del Friuli, mosaico di natura, persone, magia, cultura, linguaggi e tradizioni, esaltata da brani fortemente ad essa legati a dispetto di un chiaro riferimento al Black nordico (ma anche "cascadico") che resta, appunto, solo un riferimento, perchè i layer espressivi, la malinconia delle partiture, l'intreccio di violenza e stupore poetico, il cantato in lingua madre, sono tutti tasselli che compongono una proposta sentita, viva, identitaria e sdegnosa nei confronti della vile globalizzazione, uno dei peggiori cancri del nostro tempo.
"Disglaç" non vuole essere un album rivoluzionario, ma è un affresco estremo della natura e del suo incanto, vuole cioè essere, in musica, il senso profondo di un "piccolo" mondo nel quale rispecchiarsi e del quale essere fieri senza, quindi, dover guardare altrove per mitizzare sciocchezze e povertà intellettuale.
Quando il Black Metal riesce a veicolare questo messaggio, quando cioè permette di unire inscindibilmente musicisti e terra di appartenenza, poggiando il tutto su intuizioni armoniche di alto spessore emotivo e su canzoni che, come il vento, fendono l'aria e le nostre anime, allora esso si eleva a forma di arte e verso di esso bisogna solo inchinarsi e godere della sua meraviglia.
Esordio semplicemente splendido.
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