Copertina 8

Info

Anno di uscita:2025
Durata:63 min.
Etichetta:Profound Lore Records

Tracklist

  1. MATINS
  2. LAUDS
  3. PRIME
  4. TERCE
  5. SEXT
  6. NONE
  7. VESPER
  8. COMPLINE

Line up

  • Vince Verkay: drums
  • John Paradiso: vocals, guitars , bass , keyboards
  • Don Zaros: keyboards
  • David Wagner: bass
  • Chris Molinari: guitars

Voto medio utenti

Se “Hypnagogia”, uscito ormai sette anni fa, mostrava la band focalizzarsi su un suono più malinconico, tangibile e persino più accessibile, per quanto possa esserlo quello degli Evoken, “Mendacium”, nuova pietra tombale partorita dall'entità americana per la sempre ottima Profound Lore, segna un deciso ritorno a quel monumentale senso di orrore funebre, alla impenetrabile pesantezza catacombale e, brutalmente, disarmonica che aveva caratterizzato il passato remoto di John Paradiso e compagni.
In questo nuovo album non esiste alcuno spiraglio di luce, nessuna brezza che rinfreschi il nostro animo, ma solo dolore, oppressione e macabro senso di ineluttabilità in una spirale di denso Death / Funeral Doom che ti avvolge, ti stritola e ti lascia da solo, al buio, in una stanza umida, a riflettere sul tuo io più profondo, con la sensazione che la tua saluta mentale decada lentamente come accade al monaco benedettino del XIV secolo protagonista dell'angosciante concept raccontato negli otto, lunghi, brani dell'album.

Gli Evoken, ancora una volta, confermano il loro ruolo centrale nella scena Funeral Doom e con "Mendacium" scavano un solco profondo nelle anime degli ascoltatori, un solco dalla imponente natura tellurica dei passaggi più crudeli (il disco spinge molto sulla componente death) che, in una danza lenta, si intersecano con partiture oniriche dal taglio più sperimentale, quasi cinematografico (non credo sia una eresia citare i Dead Can Dance a livello di atmosfere) per quella che, vissuta con monastico coinvolgimento, diventa una esperienza sensoriale sconvolgente, lancinante, paurosa nei suoi anfratti più bui e, alla fine, catartica nel suo saper cancellare l'esistenza materiale del mondo circostante il quale, sconfitto, si scioglie nell’abisso di tensioni insostenibili.
"Mendacium" altro non è che un nero monolite di immobilità apparente, è l'opprimente peso della discesa verso gli antri della follia, è il suono immenso del destino che, tra esplosioni improvvise, maligni sussurri di una entità fuggita dalla lacerazione della realtà, e anti melodiche dissonanze arpeggiate che trovano il loro naturale alveo vitale nei drammatici tappeti di sintetizzatori, devasterà, implacabile ogni cosa dovesse trovare al suo passaggio.
Voi compresi.

Ennesima prova di maestria assoluta da parte dei maestri dell'afflizione.

Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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