Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2025
Durata:45 min.
Etichetta:Soulseller Records
Distribuzione:Soulseller Records

Tracklist

  1. SCRAPING OUT THE CARTILAGE
  2. BENEATH THE MEANS
  3. HUSK IN THE GRAIN
  4. NECROLYSIS
  5. ANODYNE RUST
  6. VESTIGIAL REMNANTS
  7. VERMICULAR HERITAGE
  8. ON THESE BONES
  9. MARROW OF THE EARTH

Line up

  • Freddy Bolsø: Drums
  • Død: Guitars
  • Ivan "Meathook" Gujić: Guitars
  • Stian Gundersen: Bass
  • Sindre Wathne Johnsen: Vocals

Voto medio utenti

Con una carriera solida alle spalle, i Blood Red Throne, a distanza di un solo anno da "Nonagon", tornano sul mercato con la loro dodicesima fatica in studio: "Siltskin", rilasciato nel dicembre 2025 sotto l'egida dell'infaticabile Soulseller Records.

I Blood Red Throne sono uno di quei gruppi che non sono mai riusciti a sfondare completamente, a causa non solo di eventi di mera contingenza, ma anche perché non hanno mai saputo sfornare un capolavoro in grado di collocarli negli astri immortali del Death metal. Tuttavia, non hanno sostanzialmente mai pubblicato un disco debole, riuscendo sempre ad attestarsi su livelli medio-alti — per intenderci, album che si collocano tra il 7 e l’8, e forse tra i primi tre potrebbe anche scapparci qualcosa in più (nell’ordine del mezzo punto). Dunque si può dire che, tutto sommato, ormai da oltre venticinque anni i norvegesi siano sinonimo di costanza e affidabilità: non capolavori, ma comunque Death metal duro e puro di alta qualità.

Anche se della formazione originale ormai rimangono soltanto Død (chitarra) e Freddy Bolsø (batteria), lo stile resta quello degli esordi: un Death metal che cerca di fondere in sé la scuola svedese - quindi attenzione al groove e chitarre terremotanti, dai suoni saturi e compressi, con dinamiche in generale piuttosto lineari (Dismember, Desultory e Bloodbath su tutti) - con la brutalità del Death americano, sulla scia di Deicide, Monstrosity, Brutality ed Hate Eternal.

I nove brani qui presentati risultano convincenti e, tra scorribande folli, hooks melodici, refrain azzeccati dove i growl vengono talvolta infranti da scream acidi, blast beat dosati - a favore di un maggior uso del classico tupa tupa - e rallentamenti claustrofobici, scorrono via in un soffio, riuscendo a strappare qualche headbanging anche al deathster più smaliziato.

Recensione a cura di James Curzi

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