Copertina 7,5

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2025
Durata:46 min.
Etichetta:Echozone

Tracklist

  1. QUIET PULSE
  2. WEIGHT OF YOU
  3. PLEASURES
  4. ROOFTOPS OF ZION
  5. SONG FROM THE ABYSS
  6. ON YOUR OWN
  7. AWAKENING
  8. DISTANT CALL
  9. OPEN SKIES
  10. FIRE
  11. IN THE SILENCE OF THE NIGHT

Line up

  • Yen Aneztberger: vocals
  • Arndt Bander: guitars
  • Ingo Hannen: guitar, bass, synths
  • Ben Overmann: drums

Voto medio utenti

Sono rimasto stregato dalla vena notturna e fluorescente dei Dead Bees In Bourbon, formazione tedesca che dopo l’EpShots 'n' pleasures”, giunge al debutto sulla lunga distanza con il suggestivo “Crystals”.
Immersa nei percorsi del rock gotico e del post-punk crepuscolare, la band riesce a manipolare le proprie tante influenze attraverso intuizioni compositive sempre piuttosto coinvolgenti, evitando quell’impeto autoindulgente che spesso mitiga l’impatto emotivo di alcuni dei più recenti frequentatori del genere.
Non è difficile, infatti, durante l’ascolto dell’albo cogliere reminiscenze di Curve, Fields Of The Nephilim, The Cure, Blondie, Joy Division e All About Eve (ma suppongo, vista anche l’origine geografica dei nostri, che l’influenza della Neue Deutsche Welle, tipo Xmal Deutschland, abbia avuto un peso nella loro maturazione artistica …), in un crogiolo espressivo in cui anche barlumi del sound tragico-psichedelico dei Pink Floyd trovano una loro felice collocazione.
La capacità di risolvere il malessere decadente attraverso variazioni espressive tra lo spigliato e il visionario appare così uno dei punti di forza dei Dead Bees In Bourbon, un valore che grazie alla voce ammaliante e versatile di Yen Aneztberger raggiunge il pieno consolidamento, conquistando l’ascoltatore appassionato fin dal primo contatto.
Lungo gli undici pezzi della raccolta, tra pulsazioni sinistre e avvolgenti (“Quiet pulse”, “Distant call”), accattivanti malinconie “radiofoniche” (“Weight of you”), inquietudini dai tratti synth-pop (“Pleasures”, “On your own”, “Fire”) e incalzanti sussulti (“Rooftops of Zion”), l’attenzione e la fascinazione non sfumano praticamente mai, raggiungendo picchi importanti quando le progressioni melodiche diventano più liquide ed enfatiche (“Song from the abyss”), teatrali e incombenti (“Awakening”) o arrivano addirittura a lambire ambientazioni sonore d’ispirazione trip-hop (“In the silence of the night”).
Aggiungiamo un tocco vagamente rootsy (in certe chitarre della magnetica “Open skies”) ed otteniamo un disco in cui le calibrate collisioni tra spleen e affabilità pongono l’astante in un profondo e appagante stato di seduzione … bello anche l’artwork.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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