Sono stati necessari quattro
album per rendere “coerente” la proposta musicale dei
Sole Syndicate, senza che tale traguardo li costringa a rinunciare del tutto al loro atavico eclettismo stilistico.
In realtà, potremmo definire “
The reckoning” un disco orientato precipuamente alle sonorità d’ispirazione
prog-power-metal, in una forma, però, facilmente intelligibile, fosca, enfatica e attenta alle eventuali opportunità di inserimento nelle spire del
rock mainstream, ammesso che la definizione abbia ancora un senso nel 2025.
Citare Evergrey, Royal Hunt, Soen e Volbeat come plausibili riferimenti comparativi da fornire al lettore, diventa, così, abbastanza appropriato, anche se i nostri svedesi non scadono mai nella ricalcatura acritica di modelli consolidati.
Forte di un approccio espressivo fortemente “scandinavo”, l’albo s’insinua nei sensi attraverso la melodrammatica intensità di “
On the back of an angel”, confermando la voce stentorea di
Jonas Månsson come uno degli elementi di spicco di una formazione che oggi concede all’abile tastierista
Katja ”Cat” Rasila l’opportunità di esprimersi efficacemente anche nel canto, duettando con il suddetto nelle velleità
radio-symphonic-gothic di “
Love is only”.
Su un terreno analogo a quello dell’
opener si sviluppa pure “
The way that you are”, e se “
The voice inside” combina ad arte
groove densi e melodie
anthemiche, tocca a ”
Rise like a Phoenix” dimostrare tutte le migliori peculiarità dei “nuovi”
Sole Syndicate, qui impegnati in un brumoso esempio di
melodic metal dai tratti vagamente Ghost-
iani.
L’irruenza dosata di “
Eye of the storm” arriva addirittura a lambire certi Disturbed, scontando al contempo qualche apatia armonica, debolezza non riscontrabile nelle evocazioni epiche di “
The mob rules” (tributo al
Maestro R. J. Dio, con
Månsson in versione
Jorn-esca), pezzo non particolarmente “caratterizzato”, eppure parecchio godibile.
Con “
Valley of the kings” e il suo ritornello adescante ci si sposta esplicitamente in ambiti di natura sinfonica, mentre “
Heavy is the heart” punta nuovamente su un piacevole misto di grinta e garbo e “
Miracle” conclude la raccolta con l’immancabile ballata ad elevato coefficiente di drammaticità, “scontatella” e salvata solo da una buona prestazione del “solito”
Månsson.
“
The reckoning” sembra dunque indicare come, dopo tanto “girovagare” tra i generi, i
Sole Syndicate abbiano individuato più chiaramente l’ambito artistico in cui concentrare i loro sforzi creativi, una scelta che evita le passate discontinuità, ma che per risultare davvero (con)vincente ha ancora bisogno di un ulteriore incremento nella incisività compositiva.
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