Il “
chitarrista folle”, “
talento enorme, ma sprecato”, il “
mangia-cantanti” … sono solo alcuni degli epiteti con cui è stato definito
Michael Schenker, per quanto mi riguarda uno dei musicisti più spettacolari del
rock n’ roll, di quelli fedeli al motto, coniato da un suo collega “abbastanza” famoso, “
perché suonare tante note quando possiamo suonare solo le migliori?”
Tanto amato quanto spesso criticato per un carattere non esattamente “lineare”,
Mike torna sulle scene con questo “
Don’t sell your soul”, forte di un nuovo contratto con la
earMusic (etichetta per la quale ha già pubblicato il celebrativo “
My years with UFO”) e rispolverato il glorioso marchio
MSG, devoto alla sua ben nota brama di voci di valore, recluta
Erik Grönwall (ex H.E.A.T. e Skid Row) e
Dimitri “Lia” Liapakis (Mystic Prophecy, Steel Prophet) e li affianca allo storico
Robin McAuley e al fedele collaboratore
Michael Voss (anche co-produttore del disco assieme allo stesso
Schenker).
Con una
line-up completata dai fidati e affidabili
Steve Mann,
Barend Courbois e
Bodo Schopf, il gruppo si presenta al suo pubblico con rinnovata vitalità, analoga in realtà a quella che già aveva contraddistinto “
Immortal” e “
Universal”, confermando, così, lo stato di “serenità” psicofisica con cui il nostro sta affrontando il
rockrama contemporaneo.
Cinquant’anni abbondanti di (travagliata) esperienza hanno verosimilmente contribuito a tale condizione, in cui trovano spazio la sua innata creatività e quella “musicalità” che hanno da sempre contraddistinto un approccio alla materia, nei momenti migliori, davvero esaltante.
Ora, non credo che “
Don’t sell your soul” possa sostenere agevolmente paragoni scomodi (e, per certi versi improponibili) con l’eroico passato artistico di
Michael, e tuttavia si tratta di un’opera leggermente superiore, per intensità e varietà espressiva, ai suddetti precedenti discografici, un risultato a cui concorre in modo particolare l’ugola dorata di
Grönwall, autore di una prova (ancora una volta) maiuscola.
Una menzione specifica che non sminuisce la prestazione di
McAuley,
Voss e
Liapakis, impegnati a diversificare, senza snaturamenti, un programma godibile dall’inizio alla fine.
In tale felice contesto, segnalo alcuni rilevanti picchi di compiacimento uditivo, a partire dall’incalzante
title-track e dalla scanzonata “
Flesh and bone” (da consigliare ai
fans degli UFO), per passare alle pulsanti fluttuazioni soniche di “
Eye of the storm” e alla melodia strisciante di “
Sixstring shotgun” (entrambe con un ottimo
Robin McAuley alla gestione microfonica), e approdando all’irresistibile “
I can’t stand waiting”, autentica gemma dell’intera raccolta.
A seguire, parecchio intriganti appaiono pure le ombrose “
Janey the fox” e “
The chosen”, a conferire all’albo appena un pizzico di “imprevedibilità”, sviluppata sui nobili magisteri dei Rainbow, omaggiati, in forma più tradizionale anche in
“It’s you”, pilotata dall’ugola granulosa di
Liapakis.
Insomma, l’impressione è che
Michael Schenker nella fase “matura” della sua esistenza abbia finalmente trovato quella stabilità che gli consente di produrre musica di buonissimo livello … che sia questa la “
peace of mind” che cercava già “qualche” anno fa?