Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2025
Durata:42 min.
Etichetta:Delapop

Tracklist

  1. I'M ALIVE
  2. YOUR TOUCH IS TOO MUCH
  3. I'LL DIE IF YOU'RE DONE
  4. THE OTHER SIDE
  5. CYANIDE
  6. WILD ONES
  7. CREATURES OF THE DARK
  8. DIRTY LOVE
  9. SEVEN YEARS OF BLEEDING
  10. RIDE OR DIE
  11. IN FROM THE COLD
  12. HEARTBREAK CITY

Line up

  • Andreas Forslund: vocals, guitar
  • Filip Westgärds: bass, backing vocals
  • Robin Lagerqvist: guitar, backing vocals
  • Max Marcusson: drums

Voto medio utenti

Per fortuna sono le stesse note promozionali di questo “Casino” ad asserire che gli Andy And The Rockets hanno “premuto il pulsante di reset nel 2024 con un obiettivo chiaro, creare il loro album più dinamico e completo fino ad oggi”.
Una dichiarazione che in qualche modo mitiga il mio “senso di colpa” per non averli considerati finora, forse sviato da un sound che veniva definito fortemente legato al rock ’n’ roll retrò e alle influenze rockabilly.
Qualunque sia la motivazione di tale “trascuratezza”, una cosa è certa, quest’albo si candida con forza per essere eletto dal sottoscritto la “sorpresa dell’anno” e subito dopo per collocarsi nelle zone alte della mia personale top playlist del 2025.
Tanto entusiasmo merita innanzi tutto, a beneficio di quanti non avessero confidenza con il monicker e le sue pregresse vicende artistiche, un paio di notazioni biografiche: parliamo di un gruppo svedese (ma va …) già artefice di tre album (l’ultimo dei quali “Incognito” del 2023, ha ottenuto ottimi risultati in fatto di streaming …), piuttosto attivo sotto il profilo live.
Durante l’estate del 2024 la succitata “svolta”, a cui hanno contribuito Erik Mårtensson (sia in fase di scrittura e sia in sede di mixaggio), Anton Ekström, Andreas Nyström (Katatonia) e Niklas Myrbäck, evidentemente importanti per rendere “Casino” uno di quei dischi su cui puntare per il sostegno e la perpetuazione della nobile causa del Rock Melodico nel terzo millennio.
Citare Eclipse, Remedy e Black Paisley, per affine origine geografica, simili intenti artistici e analoghi effetti emotivi, diventa così plausibile, allo scopo di fornire qualche indicazione comparativa al lettore, ma allo stesso tempo è anche necessario rilevare come gli Andy And The Rockets possiedano un’identità espressiva abbastanza peculiare, in cui far convivere felicemente l’esuberanza dei suoni da “arena” e l’affabilità del radio-rock contemporaneo.
Un approccio stilistico esaltato dalla capacità di scrivere e interpretare brani molto coinvolgenti, attributo evidente fin dall’atto d’apertura denominato “I'm alive”, un inno tanto fragoroso quanto contagioso, in cui si ravvisano pure scorie della prestigiosa scuola scandinava del glam-rock.
Your touch is too much” è un altro esempio di come s’intende il genere a ridosso del Circolo Polare Artico (qualcosa tra D-A-D e Ghost), mentre “I'll die if you're done” (scritta in collaborazione con Ekström) sposta il focus della situazione sul continente nordamericano, sfornando uno slow tra Nickelback, 3 Doors Down e Daughtry, meritevole di un posto di rilievo nelle heavy rotation dei palinsesti radiofonici di riferimento.
The other side” aggiunge un vago tocco “celtico” all’impasto sonoro di una scaletta che con gli anthem venati di malinconia “Cyanide” e “Wild ones” (frutto di una fruttuosa alleanza compositiva tra Westgärds e Mårtensson) piazza altri due potenziali hit.
L’enfasi armonica concessa a “Creatures of the dark” è di un tipo che potrebbe piacere persino a Jim Peterik e se “Dirty love” sembra aver acquisito schegge della preziosa lezione dei B.O.C., “Seven years of bleeding” sembra davvero perfetta per allettare tanto i fans dei The Killers quanto quelli dei Foo Fighters (ma nel calderone ci metto anche i The Calling …).
Le radici rootsy degli Andy And The Rockets (così come l’influsso dei D-A-D) riemergono nelle focose pulsazioni western di “Ride or die” e nella ballata sentimentale “In from the cold”, e con l’appassionata energia di “Heartbreak city” si esauriscono le “belle canzoni” di “Casino”, un disco dal carattere transgenerazionale, ma privo di “forzature”, sulla base del quale si può tranquillamente affermare che il Grande Vecchio Rock n’ Roll, a dispetto di tanti “profeti di sventura”, è bello arzillo e gode di ottima salute anche in questo caotico 2025.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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