Di fronte ai gruppi “storici”, discograficamente attivi anche nel terzo millennio, si presenta un “bivio”: riproporre il loro
sound classico senza sostanziali variazioni, puntando soprattutto sullo “zoccolo duro” della
fanbase, o tentare una “rigenerazione” del
trademark, cercando di conquistare (anche) nuove fasce di pubblico.
Inutile dire che entrambe le direzioni non sono esenti da “pericoli” (tra lo spettro di una pavida
routine da un lato, e rischi di artificiosi stravolgimenti stilistici, dall’altro) e che verosimilmente la vera “sfida” è quella di aggiornarsi senza snaturamenti.
Gli
Honeymoon Suite, con “
Alive”, l’albo del 2024 (giunto a sedici anni dal precedente “
Clifton Hill”), il suddetto cimento l’hanno brillantemente superato, e anche se mi risulta che qualcuno li abbia comunque considerati dei “traditori” della virtuosa causa melodica, personalmente ho apprezzato molto la modalità con cui i nostri canadesi hanno inteso riportare il
rock “adulto” nell’ambito del
mainstream, per molto tempo il suo
habitat naturale.
Confermata la produzione di
Michael Krompass (
Steven Tyler, Theory of a Dead Man, Three Days Grace …), il nuovo lavoro, titolo “
Wake me up when the sun goes down”, è un altro esempio di come si possa risultare “freschi” mantenendo intatti i dogmi fondamentali del genere, operando un’intrigante operazione di sintesi tra “tradizione” e “modernità”.
Ciò non evita ad “
I fly” di apparire dal punto di vista armonico leggermente poco incisiva, mitigando l’efficacia di un bel ritornello, situazione che si ripete in parte pure nella grintosa “
Way of the world”.
Con “
Every minute” la scaletta comincia davvero a prendere il “volo”, sfoderando una melodia pulsante e ammaliante, e una traiettoria verso la stratosfera dell’
AOR la esibisce altresì la ballata “
Way too fast”, splendidamente intrepretata da un sempre dominante
Johnnie Dee.
“
Stay this time”, con le sue seducenti oscillazioni soniche, è perfetta per le odierne
heavy rotation radiofoniche di categoria, mentre chi cerca sonorità più “ortodosse” potrà trovare conforto nelle scansioni
hard-rock di “
Crazy life”, risolte con classe e buongusto.
Un’altra gemma di romanticismo non stucchevole, denominata “
Live on”, lascia poi spazio ad una “
Keep our love alive” che privilegia nuovamente un orientamento maggiormente “classico” alla materia, al pari di “
Unpredictable”, intrisa di striscianti e dense esalazioni
blues.
La vaporosa “
Ever leave you lonely”, una sorta di fusione tra Night Ranger e certi Jane’s Addiction (!) è l’eccellente sigillo di un
album che piacerà a chi aveva apprezzato l’approccio espressivo di “
Alive” e non farà cambiare idea a chi invece l’aveva criticato, confermando gli
Honeymoon Suite nella (ristretta) cerchia dei “veterani” capaci di trasportare il loro nobile blasone artistico dritto nel presente del
melodic rock.
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