Altro “giro”, altro gruppo svedese dedito all’
hard n’ heavy.
Comincio davvero a pensare che in Svezia siano in pochi a non suonare uno strumento o a cantare, tenendo conto poi anche di tutti gli altri generi musicali trattati con profitto e ampiezza dalla collettività scandinava.
In questo caso accogliamo l’esordio degli
Heathen’s Eye, che apprendo essere, grazie alle note promozionali fornite dalla sempre accurata
Pride & Joy Music, un quintetto piuttosto esperto, forte di un
background maturato in diversi settori delle sette note.
Il titolo dell'
album, “
Port inspiro”, ovvero “Ispirato dal passato” in esperanto, chiarisce il contesto espressivo, ma all’ascolto l’opera si rivela meno “nostalgica” di quanto si possa immaginare.
Per meglio dire, la “storia” del
rock è inevitabilmente una grande fonte d’ispirazione per la
band, ma invece che concentrarsi su una sola modalità stilistica, i nostri tentano di far convivere
hard-blues,
class-metal e
prog, attingendo tanto dai Whitesnake, quanto da Dokken e Queensrÿche.
Riferimenti di massima (ovviamente) che mescolati, talvolta nello stesso brano, danno origine ad un calderone sonoro abbastanza intrigante, sebbene, fatalmente, pure un po’ disomogeneo.
A “complicare” le cose, si aggiungono melodie che per evitare di essere “scontate”, finiscono per non apparire sempre adeguatamente accattivanti, lasciando nella memoria dell’ascoltatore poche tracce di loro, anche dopo una fruizione reiterata.
Si comincia con la crepuscolare “
One black lie”, frutto di un’avveduta devozione sviluppata nei confronti del
Serpente Bianco in versione “americana”, e se con “
Mirrorman” il clima si sposta verso l’
hard melodico aromatizzato di fragranze
progressive, nelle inquietudini notturne di “
Ghosts of yesterday” l’influenza dei Queensrÿche diventa incombente, destando altresì qualche perplessità sull’efficacia complessiva della costruzione armonica.
In “
Still water runs deep” si torna a bazzicare enfatici territori
bluesy, come si potrebbe fare durante una
jam tra Great White e Stryper, mentre “
Firepriest”, dopo l’
intro soave, esplode in sussulti ritmici al limite del
power, un po’ alla maniera dei Masterplan.
Arrivati a “
Is it over now”, gli
Heathen’s Eye ci confermano ulteriormente la varietà del loro bagaglio artistico, impegnandosi con discreti risultati in un vaporoso e barocco frammento sonoro tra Styx e (certi) Kingdom Come, seguito da “
Endless lies” che con la sua atmosfera suadente e
anthemica (di un tipo che potrebbe piacere ai
fans di
Paul Sabu …) è da considerare uno dei pezzi più riusciti della raccolta.
Anche lo
slow “
Lost in the wind”, pur nella sua dipendenza (fin dal titolo …) Kansas-
esca, appare alquanto coinvolgente, aggettivo che purtroppo si fa un po’ di fatica ad elargire sia a “
Shine”, una sorta di replica in tono minore della precedente “
Endless lies” e sia a “
Monsters”, un altro esempio di melodramma
prog-metal dagli esiti emozionali abbastanza epidermici.
Sotto questo punto di vista le elaborazioni di “
Blind” appaiono leggermente più “centrate” e anche la conclusiva “
Time to deliver” contribuisce a risollevare le sorti dell’albo, in virtù di un andamento solenne e “cinematografico” che, oltre ai già citati
Maestri del
metallo evoluto di Seattle, riporta la mente a certe cose dei Fates Warning.
Intenti artistici encomiabili e meritevoli di plauso, in “
Port inspiro” si risolvono in canzoni ben eseguite ma talvolta un po’ “anonime” sotto il profilo del
feeling, lasciando nell’astante l’impressione vivida che gli
Heathen’s Eye per mezzi, intuizioni e cultura, possano fare molto di più.