Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2023
Durata:40 min.

Tracklist

  1. PRELUDE FOR DISASTER
  2. UNCIVIL REST
  3. SANDS OF TIME
  4. REIGN FOREVER
  5. RAT RACE
  6. CRYPTIC DESOLATION
  7. AFTER LIFE
  8. THE SWARM
  9. THE UNSEEN
  10. DOWN TO THE CRYPT
  11. SACRED DECAY

Line up

  • Timi Häkkinen: vocals, guitars
  • Simo Karhu: guitars
  • Tuure Suomalainen: bass
  • Elias Jetsonen: drums

Voto medio utenti

Gli Apocrypth sono la classica band che mi fa incazzare nero…
Perché mai, direte voi? Perché nominalmente hanno tutte le carte in regola per poter proporre qualcosa di decisamente più maturo e coinvolgente di quanto ci fanno ascoltare in “Down to the crypt”, e invece…

Ma andiamo con ordine… la band si forma a Kotka, Finlandia, nel 2012, non stiamo parlando di un gruppo proprio di primo pelo, quindi. In 11 anni, però, riescono a pubblicare soltanto un EP di esordio, e questo full length. Non sto qui a sindacare sul perché sia accaduto tutto ciò, sappiamo benissimo quanti e quali problemi deve superare una band underground prima di riuscire a quagliare qualcosa di significativo, possono passare anni ed anni, ma poi, come nel loro caso, si arriva al tanto atteso full. “Prelude to disaster” mi aveva riempito di fiducia, non il solito banale intro bensì un breve brano acustico che mi ha fatto subito pensare a “Crystal Ann” degli Annihilator, non tanto per similitudini musicali, quanto di intenti. Poi parte “Uncivil rest” e le mie speranze iniziano ad essere minate. Da cosa? Da una ritmica banale e monocorde, da un riffing ispirato a tratti…

Sands of time” sembra risistemare un attimo le cose, ma purtroppo l’illusione è momentanea, in quanto con lo scorrere dell’album tornano a galla tutte le pecche evidenziate dalla opener. E qui mi ricollego all’apertura di questa rece e alla questione dell’incazzamento. Già, perché ascoltando il disco appare evidente che il quartetto finnico ci sa fare, a volte tira fuori dei riff veramente interessanti, la voce di Timi non è niente male e anche dal punto di vista tecnico nulla da eccepire. L’eccessiva monoliticità della sezione ritmica, l’insistere sui mid tempo e la qualità dei riff non sempre allo stesso livello, contribuiscono alla scarsa resa complessiva di un album che avrebbe potuto (e a questo punto aggiungo dovuto, visto che hanno avuto la possibilità di lavorarci su per diversi anni) essere decisamente migliore.

Un peccato, punto sempre con molta speranza sulle giovani band thrash in giro per il pianeta, ma questa volta non posso di certo dire di aver trovato un cavallo vincente…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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