Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2024
Durata:49 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. AGAINST THE WINDS
  2. CHANGING MY MIND
  3. FALL ON MY KNEES
  4. CAN'T END IT RIGHT NOW
  5. LOST IN DAMNATION
  6. WILL I SEE YOU AGAIN
  7. SHOW ME YOUR LIGHT
  8. SAVE ALL THAT REMAINS
  9. BEEN SAID AND DONE
  10. DIVING WINGS
  11. NO TURNING BACK

Line up

  • Deen Castronovo: vocals, drums
  • Joel Hoekstra: guitars
  • Jeff Pilson: bass
  • Alessandro Del Vecchio: keyboards, backing vocals

Voto medio utenti

Tre dischi splendidi realizzati con il contributo di Jack Blades (Night Ranger) e Doug Aldrich (ex-Whitesnake, Dio, …) e ora altri due, compreso questo nuovo “Against the winds”, altrettanto esaltanti, con l’apporto di Joel Hoekstra (Whitesnake, Trans-Siberian Orchestra, Iconic, Joel Hoekstra's 13) e Jeff Pilson (Dokken, Foreigner, …).
A questo punto non è necessario uno sforzo intellettivo “sovrumano” per capire chi siano i prioritari responsabili della stima pressoché incondizionata acquisita dai Revolution Saints, capaci di dimostrare “sul campo” come annientare quella diffidenza che ormai si riserva automaticamente ai cosiddetti supergruppi.
Deen Castronovo e Alessandro Del Vecchio, sono loro, assieme alla Frontiers Music che ha fermamente creduto nel “progetto”, a meritare i primi complimenti di questa disamina, e se per Alessandro, nello specifico un po’ lontano dalle luci dei riflettori (produttore, compositore, coadiutore esecutivo …), è giusto spendere le “solite” sperticate lodi, per quanto riguarda Deen, il vederlo progressivamente diventare uno dei pilastri dei suoni adulti odierni, è motivo di “stupore” per quelli che si ricordano i suoi “selvaggi” esordi.
E poi c’è da incensare chi ha saputo assemblare questi carismatici talenti, convinto che il loro ingente quoziente d’intelligenza e ispirazione avrebbe superato la brama di vanterie individuali.
Dopo il (sacrosanto) panegirico introduttivo, approdiamo finalmente ai contenuti dell’albo, l’ennesimo concentrato di sfolgorante hard melodico DOC, “tradizionale” nella forma e straordinariamente emozionante nella sostanza, in grado di sfruttare l’enorme potenziale artistico della coalizione in maniera davvero esemplare.
Against the winds” vede i Revolution Saints impegnarsi più minuziosamente sulla varietà espressiva, mescolando con maggiore equilibrio raffinatezza e grinta, approfittando, verosimilmente, di una migliore sintonia e “compenetrazione” tra le differenti anime dei componenti della band.
Il risultato è un collaudato tripudio melodico da sottoporre senza controindicazioni ai fans della blasonata dinastia Journey-ana (compresi, dunque, oltre ai capostipiti, anche The Storm, Bad English, Hardline, The V.U. …), i quali, soggiogati dall’edificante intonazione di Castronovo, si troveranno a fremere per la sontuosa eleganza della title-track dell’opera e di “Changing my mind”, per il piglio deciso di “Fall on my knees” (da applauso l’intrigo chitarra / ritmica / tastiere) o ancora per la vaporosa ed evocativa “Can't end it right now”, tanto rigorosa nell’esposizione quanto efficace sotto il profilo emotivo.
Lost in damnation” e la pulsante “Will I see you again” (altro “pezzone” …) inoculano di nuovo un’iniezione di opportuna energia nelle fibre armoniche del programma, lasciando poi spazio all’enfasi appassionata di “Show me your light”, brano dalla classe purissima esaltato dall’intensa interpretazione di Mr. Castronovo.
Save all that remains” e "Been said and done” sfoggiano altre due linee armoniche molto intriganti, appena attenuate da refrain “solo” molto godibili, mentre la drammatica “Diving wings” è forse da considerare il momento maggiormente interlocutorio di “Against the winds”, un disco che con “No turning back" si arricchisce ulteriormente di belle canzoni, perfette per saziare chiunque si nutra quotidianamente di AOR “classico”.
Senza dimenticare di menzionare l’ottimo lavoro di Pilson e Hoekstra, molto di più che i “comprimari di lusso” della situazione, non mi rimane che confermare i Revolution Saints nel ristretto novero dei veri Superuomini del Melodic Rock contemporaneo, per i quali l’unica kriptonite possibile è rappresentata dai deficit di attenzione di una “scena” sempre più superficiale e frenetica.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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