Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2023
Durata:57 min.
Etichetta:From the Vaults

Tracklist

  1. INTO THE GLORY LAND
  2. HEART OF THE LION
  3. THE ERA OF DARKNESS
  4. HIGHER GROUND (RASMUSSEN COVER)
  5. TOGETHER WE RIDE
  6. IN YOUR EYES
  7. RIDING INTO THE SUN
  8. THE FORSAKEN
  9. WHEN WILL THE WOUNDS EVER HEAL
  10. BRIDGE TO PARADISE
  11. A NEW STAR
  12. THE LAST UNICORN

Line up

  • Walter "Crom" Grosse: vocals, guitars, bass
  • Thomas Hagl: drums
  • Stefan Peyerl: guitars

Voto medio utenti

Quarto album per i Crom di Walter Grosse, ad inizio carriera considerati a torto od a ragione un po' gli emuli dei Bathory viking era e poi via via svincolatisi sempre di più da quelle sonorità fino al netto cambio di sonorità con il terzo bellissimo "When Northmen Die" che al netto di qualche lungaggine di troppo non solo si è dimostrato un album che ha superato la prova del tempo (uscito nel 2017 per Pure Steel Records) ma che è divenuto di gran lunga il mio disco dei Crom preferito.

Con quasi un paio di anni di ritardo sulla tabella di marcia ecco che arriva finalmente il successore "The Era of Darkness", anticipato qualche mese fa dal singolo "Into the Glory Land" che lasciava presagire una certa continuità con l'episodio precedente: un sound nettamente più classico, talvolta andante a sfiorare una sorta di power metal, sempre ovviamente di taglio epico e maestoso, mid tempos che narrano di guerre, di amori, di battaglie e di sconfitte, il tutto disegnato dalla voce magari non squisitamente tecnica ma di grande carisma ed effetto (un po' il Vintersorg dell'epic metal) ad opera del buon Grosse.

Così è stato, "The Era of Darkness" riprende esattamente da dove "When Northmen Die" aveva lasciato, un disco fortemente emozionale che fa leva su atmosfere romantiche (in senso tedesco del termine) e brani coinvolgenti con veri inni durante i quali i nostri pugni sferzeranno l'aria, declamando i cori con intensità e pathos manowariano.

Così la già citata opener "Into the Glory Land" e la successiva "Heart of the Lion", mentre con la title track riscontriamo un gradevolissimo quanto inaspettato semi-ritorno al passato, con un brano assai più roccioso ed estremo, in cui sembra di ascoltare i vecchi Dimmu Borgir di "Enthrone Darkness Triumphant", ovviamente spogliati della componente black (che già non era più moltissima) ma con sinfonie, tastiere e melodie di prim'ordine, completate da un accenno di growl dei tempi andati che non può che farci piacere, peraltro segnalandosi come una delle migliori del lotto.

Altro brano già conosciuto, in tutti i sensi, è "Higher Ground" che ha rappresentato la Danimarca all'Eurovision Song Contest del 2018: la cover di Rasmussen è davvero convincente, con un taglio vichingo ed epico che si sposa perfettamente con la provenienza danese e con lo spirito dei Crom che dopo soli venti minuti del nuovo disco ci hanno già fatto capire che aria stia tirando.

La grande capacità dei Crom è quella di creare un disco comunque melodico, catchy e coinvolgente nel 2023 senza cadere in quel patetico plastic metal che nell'ultimo decennio ci sta ammorbando tra discutibili iconografie e produzioni da videogioco; "The Era of Darkness" al contrario presenta dei suoni più che godibili, senza effetti retrò di sapore nostalgico, e chorus con linee vocali azzeccatissime e fomentanti, come in "Together We Ride" che già dal titolo è tutto un programma.

Certamente su quasi sessanta minuti di durata non mancano dei momenti non propriamente esaltanti o sorvolabili ma in ogni caso sono di entità e numero inferiore al passato, ed anche canzoni fin troppo smussate come la semi ballad "In Your Eyes" o la meno ispirata "When Will the Wounds Ever Heal" si lasciano comunque ascoltare con piacere senza essere pericolosamente attratti dal tasto skip.



Non mancano gli up-tempos di "Riding into the Sun", bella smitragliata con ospite alla voce Nima Sadeghi degli Steel Shock ed altro chorus ineccepibile, o le canzoni "di notte intorno al fuoco a riposare con le armi bagnate di sangue" come "The Forsaken", di grande effetto scenografico e che non sfigurerebbe affatto in qualche film tipo "The Northman" di Eggers, appunto.

Vanno a chiudere l'eroica "Bridge to Paradise", ennesimo buon episodio da declamare a squarciagola, la delicata (fin troppo) "A New Star" che però mostra un Walter notevolmente più aggraziato al canto rispetto all'approccio becero di inizio carriera, e la conclusiva "The Last Unicorn", decisamente d'effetto e di atmosfera ma anche un po' moscetta e devo ammettere che avrei preferito una fine più battagliera ed estrema, come in occasione del disco precedente fu la cover degli Old Man's Child "The Millennium King": l'unico vero difetto di questo capitolo, che è anche un timore per il futuro, è che vengano accantonate le caratteristiche più rocciose, veloci ed estreme in favore di brani totalmente melodici e più accessibili.

Epic? True metal? Viking? Classic HM?
Chiamatelo come vi pare ma se siete appassionati di queste sonorità, se non vedete l'ora di sguainare la vostra spada verso il cielo, se vivete per Bathory, i già citati Manowar, i faroesi Tyr ed ovviamente i Crom beh questo disco, al pari del precedente, non vi deluderà affatto, anzi, personalmente sono pressochè certo che a meno di sorprese ritroverò questo album tra 11 mesi nella mia top ten del 2023...

Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 22 gen 2023 alle 17:09

grazie ad entrambi per aver dato il loro commento!

Inserito il 19 gen 2023 alle 18:01

Mi è arrivato oggi e nonostante non sia molto diverso dai precedenti è comunque un ottimo disco, suonato e cantato con sincera passione, ancora ringrazio il Graz per avermeli fatti scoprire insieme agli Atlantean Kodex, due tra i migliori gruppi usciti negli ultimi 10 anni.

Inserito il 18 gen 2023 alle 08:56

Primo tassello della top 10 occupato...e siamo solamente a gennaio

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