Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2022
Durata:45 min.
Etichetta:No Remorse Records

Tracklist

  1. EYE OF THE JAGUAR
  2. BEYOND THE STARS
  3. TYRANT
  4. GHOST OF REALITY
  5. RETURN OF THE FORCE
  6. PARIS NIGHTS
  7. LUCKY DIAMOND
  8. SEVERED TIES

Line up

  • Dustin Smith: bass
  • Cale Savy: guitars (lead)
  • Roldan Reimer: guitars
  • Chad Vallier: drums
  • Jordan Jacobs: vocals (lead)

Voto medio utenti

Apertura del blocco degli appunti. Taac!
Cuffie, quelle buone, inserite nell’apposito jack. Taac!
Luce soffusa per dare atmosfera e tisana della tranquillità per prevenire la viuleenza. Taac e taac!
Regolazione del volume alla soglia di decollo. Taac!

Pronti per affrontare il nuovo Riot City.

Tre lunghissimi anni separano il fenomenale debutto dei canadesi da questo nuovo lavoro e se creare il disco della vita può succedere una volta, per ripetersi ad alti livelli serve la stoffa dei campioni.
I Riot City ce l’hanno, sono superiori in attitudine, energia, songwriting e capacità al 90% delle band che oggi propongono questa musica e con Electric Elite piazzano un colpo da top album dell’anno, senza appello.
Cercherò di analizzare questo disco in maniera razionale, provando anche a dividere lo scritto per punti ma… si parla sempre di musica e, soprattutto con dischi di questo tipo, di quelli che lasciano il segno, mi sento sempre più portato a parlare col cuore. Proviamoci.

Ci sono diversi punti principali che differenziano questo nuovo lavoro dal precedente e che lo caratterizzano fortemente:

1. Jordan Jacobs è il nuovo cantante ed il suo innesto dà modo a Cale Savy di concentrarsi solamente sulla chitarra. Ebbene, pescato dal nulla, Giordano Giacobbi risulta spaventoso per timbro, potenza e pulizia. È capace di volare altissimo, tra Tate, Halford e Midnight e lo dimostra spesso (alcuni potrebbero dire “pure troppo”), possiede un range e un controllo invidiabile che è possibile apprezzare anche in canzoni più elaborate come "Severed Ties". Non ultimo, è in grado di replicare ogni nota in sede live in modo fedele e senza apparente sforzo. Se vi danno fastidio le urla altissime e pensate che Burn The Night fosse esagerato da questo punto di vista beh, mettetevi l’animo in pace: Electric Elite non è assolutamente da meno. Lo so bene, questo per molti è un ostacolo insuperabile. Spiaze.

2. Electric Elite è un album più improntato alla melodia rispetto allo speed. Certo, la velocità è sempre presente e quando i ragazzi decidono di pestare creano scompiglio ma, diciamo, pur proponendo un metal classico figlio del periodo d’oro ’80-’84, questa volta sento una maggiore presenza di melodie maideniane, linee di chitarra che si dilungano maggiormente. Le influenze dei Priest sono sempre le più evidenti, con sprazzi di Malice, Agent Steele e Grim Reaper, però è come se avessero voluto buttare meno irruenza, minore aggressività su questo disco e, consci dei propri mezzi, sviluppare e arrangiare un pochino diversamente le canzoni. Questa mia sensazione è confermata anche dall’inserimento di “wooh oh oooh” e di maggiori gang vocals tra i bari brani, nonché di alcuni riff di scuola Harris.

3. Varietà e suono. Electric Elite presenta una buona varietà tra pezzi veloci, brani melodici, canzoni anthemiche. Il tutto è ben arrangiato e restituisce un disco completo e curato anche dal punto di vista della produzione. Quella dei suoni, croce e delizia di ogni band, è una scelta importante per caratterizzare una proposta e devo dire che le decisioni prese per questo lavoro sono assolutamente azzeccate. I City hanno infatti evitato di cavalcare l’onda che vede nelle produzioni retrò e lo-fi la destinazione ultima del suono classico, scegliendo invece suoni potenti ma naturali, chiari ma non chirurgicamente divisi e sovrapposti come succede in situazioni in cui l’apporto digitale scavalca la resa generale. Il risultato è un disco classico ma al passo con i tempi, potente, vero, autentico. Accennavo qualche riga sopra alla varietà, ebbene, all'arsenale dei canadesi mancava un’arma importante: il pezzo anthemico, cantereccio e coinvolgente. La band rimedia a questa lacuna piazzando una canzone FENOMENALE come "Tyrant", un vero gioiello che si ficcherà nella mente dei metalhead che, con il pugno alzato e lo sguardo truce, potranno finalmente urlare al cielo fomentati dalla potenza del metallo.

Dopo aver parlato un po’ delle differenze rispetto al debut, di alcune caratteristiche di questo nuovo lavoro e scritto qualche riga in modo quasi ordinato, è il momento di lasciare maggiore spazio al cuore.

Electric Elite è una cazzo di bomba e, soprattutto la prima metà del lavoro, presenta una sequenza di canzoni da lacrime, un bagno d’acciaio in grado di rigenerare la mente ed il corpo.

Già dalla partenza vengono mostrate ai miscredenti tutte le caratteristiche dei canadesi: grande potenza, urla altissime, ottime melodie, linee vocali indovinate, una batteria varia e piacevole che evita l’effetto-elicottero, un basso che ha i suoi momenti ed esce prepotente. Apritele quelle orecchie e vedrete che dopo due, tre passaggi, griderete anche voi “aaaahhaaaaaahh the eye of the jaaaguaaaaar!” ed un brivido si leverà dalla schiena al collo. L’efficace opener viene poi subito doppiata da “Beyond the Stars”, una galoppata a doppia linea di chitarra che verso la metà presenta un cambio di riff che vi farà saltare sulla poltrona ed urlare “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”.



Con ancora le urla di Tardelli che vi escono dalla bocca e gli occhi alla Totò Schillaci, proverete poi a mantenere la freddezza da rigorista ma fallirete miseramente come un Roberto Baggio qualsiasi a USA ’94, perché "Tyrant" si impossesserà del vostro corpo e della vostra mente. Atmosferica, oscura, carica a pallettoni e con gang vocals, questo mid tempo vi metterà in ginocchio in un atto di riverenza verso il dio del metallo. Leverete poi lo sguardo al cielo sulle note di "Ghost of Reality", infingarda nella sua partenza tranquilla, ma che presenta un crescendo coinvolgente ed un’esplosione degna del tiro della tigre di Mark Lenders. Anche qui si è portati a cantare linee vocali mai troppo catchy o immediate ma che, ascolto dopo ascolto, diventeranno magnetiche. “Return of the Force” ospita grida altissime a profusione su di una struttura più semplice e melodica. Riffing veloce e cori fomentanti come la sigla della Champions League (non so se gli amici juventini se la ricordano), “Paris Night” presenta anche piccole ma sempre efficaci iniezioni di melodia. “Lucky Diamond” sarà poi un piacevole tuffo negli anni ’80, quando tutte le partite si giocavano alla domenica alle 15 e Martellini e Ciotti si passavano il testimone in radio come Tipton e Downing e… come le chitarre di Cale Savy e Roldan Reimer. La partita, a questo punto, è stata giocata alla grande dai Riot City e vinta senza fatica ma rimane spazio per le celebrazioni che prendono forma nei quasi 10 minuti di “Severed Ties”, canzone in cui la verve più melodica della band prende il sopravvento con lunghe porzioni strumentali e fughe chitarristiche che ci regalano un finale assolutamente maideniano.

Stranamente, “Electric Elite” ci è arrivato in redazione con largo anticipo, sono oltre due mesi che lo sto ascoltando e mi sento quindi completamente sicuro delle mie affermazioni e del suo valore. Burn The Night giunse invece affogato nel mucchio delle 150 uscite mensili e ve ne parlai con una sola settimana scarsa di ascolti; sufficiente comunque per afferrarne il valore ed assegnagli 8 e top album. Questo non certo perché sia io a capire qualcosa di musica, ma proprio perché è la qualità dei Riot City ad essere lampante, il che li pone su un piano differente rispetto a molti altri contendenti. E pazienza se sono un po' stronzetti dato che per ben due volte abbiamo concordato un'intervista alla quale non hanno mai risposto. Glielo perdoniamo.

Se avete ancora qualche dubbio su di loro e pensate che non siano in grado di replicare live le loro canzoni o non riescano a intrattenere il pubblico, vi invito a guardare questo spettacolo che i nostri hanno tenuto un paio di anni fa, con il nuovo cantante appena entrato in formazione: mostruoso per potenza e coinvolgimento. Uno dei set più potenti mai sentiti.


Concludo con una autocitazione e un’aggiunta (che vanesio che sono) direttamente dalla recensione del disco di debutto:
Come dite? Sono finti? Riciclano e basta? Produzione artefatta? Il cantante urla troppo? Beh ma allora siete capitati qui per caso e non ascoltate metal da almeno 25 anni! Quella dei Riot City è potenza, è vita, è il metal.

Immagine


Campioni del mondo!


Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 13 ott 2022 alle 10:56

ero certo di trovare un tuo elogio a questa bomba!

Inserito il 12 ott 2022 alle 23:42

Ci sento anche echi dei Crimson Glory del primo disco su alcune scelte melodiche. Disco talmente bello e metal da sembrare un capolavoro misconosciuto di metà anni 80 riscoperto nel 2022. Le prime quattro tracce sono la Bibbia del metal tutto. Eye of the Jaguar è talmente intensa da sembrare doom. Il cuore mi sta facendo innamorare del disco dei Trial ma questo onestamente è veramente un bomba termonucleare. Grande annata per il metal classico, giovani leoni e vecchie glorie portano di nuovo la fiamma alta.

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