Copertina 7

Info

Anno di uscita:2002
Durata:54 min.
Etichetta:Locomotive
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. COUNTRYSIDE
  2. STREET FIGHT
  3. JET SAM
  4. LANDLORDS
  5. RED ONES
  6. SPEEDKINGS
  7. FUMANDO MARIHUANA
  8. HUXLEY
  9. BEHAVE
  10. JACKIE AND JUDY
  11. PSYCHOFREAK MUSAK

Line up

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Non sorprende che una formazione spagnola di hard rock in attività da una vita, giunta al suo nono lavoro in studio, praticamente sconosciuta al di fuori dei propri confini nazionali, decida ad un certo punto di lambire l’onda montante dello stoner per farsi trasportare ad una più grande vetrina, senza per questo snaturare le proprie caratteristiche peculiari.
L’avvicinamento a certe sonorità si era già evidenziato un paio d’anni fa nel precedente “Sonic”, che coglieva la band in un momento di passaggio intenta a bilanciare le nuove tentazioni psycho rock con la tradizionale vena melodica settantiana e con qualche ambizione commerciale.
I Sex Museum hanno ulteriormente meditato e progettato e tornano oggi con una migliore messa a fuoco delle loro molteplici influenze.
La partenza, affidata alla sinuosa “Countryside” non lascia spazio a dubbi, l’innesto del feeling Deep Purple con l’energia dei nuovi virgulti stoner si è finalmente completato. Lavoro chitarristico vigoroso, ritmi sempre sostenuti, sospiri spaziali, ricami infaticabili dell’hammond, voce espressiva pur se non originale, gli iberici si collocano in un’anomala posizione tra Baron Rojo, The Quill e Orange Goblin, vedi gli artigli affilati dei riffs nella massiccia “Landlords”, interrotti da gocce acide ricche di pathos coronate dal breve assolo di Marta Ruiz. Il voto definitivo al nuovo psycho sound arriva con la distorsione del basso all’inizio dell’esplicita “Fumando marihuana”, applicazione mantrica della scuola Nebula e pezzo di squisita fattura. Si prova a fare ancora meglio con l’omaggio ai maestri del passato, il liquido rock blues d’annata “Huxley”, brano che sembra abbia davvero superato i meandri del tempo, ed i fondamenti della musica rock sono ancor più esaltati nella grintosa cover che da’ il titolo all’album (devo dire di quale gruppo?).
Per non perdere l’abitudine la band non rinuncia comunque a tirare qualche mazzata heavy rock infarcita di ruvidezza e groove alla maniera classica (“Street fight”, “Behave”) e chiudono la loro fatica con un inaspettato chilometrico strumentale “cosmico”, tra pulsioni di basso, chitarre gementi ed ovattate note di tastiera, un trip allo stato puro.
Una formazione che è prova vivente del fatto che si può migliorare anche dopo anni di onorata carriera, se esiste ancora il piacere di suonare buona musica. Questo “Speedkings” è bello, fresco, coinvolgente, e non resta che augurare ed augurarci tanti altri anni di heavy rock targati Sex Museum.

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