Megadeth - The Sick, the Dying... and the Dead!

Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2022
Durata:55 min.
Etichetta:Tradecraft
Distribuzione:Universal Music Group

Tracklist

  1. THE SICK, THE DYING... AND THE DEAD!
  2. LIFE IN HELL
  3. NIGHT STALKERS
  4. DOGS OF CHERNOBYL
  5. SACRIFICE
  6. JUNKIE
  7. PSYCHOPATHY
  8. KILLING TIME
  9. SOLDIER ON!
  10. CÉLEBUTANTE
  11. MISSION TO MARS
  12. WE'LL BE BACK

Line up

  • Dave Mustaine: guitars, vocals (lead)
  • Kiko Loureiro: guitars, vocals (backing)
  • Dirk Verbeuren: drums
  • Steve DiGiorgio: bass
  • Eric Darken: percussion
  • Ice-T: vocals (track 3)

Voto medio utenti

Lo ammetto senza nessun problema, io sono tra quelli che nel 2016 hanno accolto con entusiasmo “Dystopia” e che tutt’ora lo considerano un grande disco. È per questo motivo che nutrivo un certo interesse verso il nuovo capitolo in studio, “The sick, the dying… and the dead!”, che già dai tre puntini sospensivi fa viaggiare la mente indietro negli anni. Sarà così anche per i contenuti?

Beh, possiamo chiarire subito la cosa che più sta a cuore ai veri fan dei Megadeth: anche questa volta ci troviamo di fronte ad un vero e proprio album thrash metal, come nel caso precedente, quindi niente passi falsi o tentativi di accattivarsi il pubblico da parte di MegaDave, la band pesta duro, ed è un piacere ascoltarla. Uno dei motivi di questa scelta risiede senz’altro nel fatto che ora il rosso malpelo è affiancato da musicisti veramente incredibili, il primo dei quali, Kiko Loureiro ha riportato nella band quella freschezza di cui aveva bisogno, ed anche un ritrovato entusiasmo ed interesse verso le vecchie e care sonorità thrash. Diciamo che ora Mustaine ha di nuovo al suo fianco, senza nulla togliere ai suoi predecessori, un cavallo di razza come non gli capitava dai tempi di Marty Friedman, e questo non è certo poco.

Sono passati ben sei anni dal precedente album; in parte questo lungo lasso di tempo è giustificato dalla pandemia. Sulla vicenda di Dave Ellefson, invece, preferisco non pronunciarmi, meglio concentrarsi sulla musica, che, come già detto, ancora una volta spiega alle giovani band come si compone e concepisce un vero album thrash metal. Riff letali misti ad una sezione ritmica killer (Dirk Verbeuren/Steve Di Giorgio, scusate se è poco…), tempi per lo più veloci, anche se non mancano micidiali mid tempo, produzione ottima a cura dello stesso Mustaine (coadiuvato da Chris Rakestraw), tutto quadra, insomma. O quasi, perché questa volta, almeno per quanto riguarda il mio gusto personale, ho trovato un po’ forzate e poco incisive le melodie vocali, di certo non al livello dei fasti di un tempo, e non parlo del tono di voce, si sa che quello ormai è andato da anni, ma proprio delle linee vocali, che sembrano un po’ distaccate dal tappeto sonoro.

Pur durando quasi un’oretta, l’album si fa ascoltare piacevolmente, non ci sono veri e propri brani brutti, anche se un paio di cali li possiamo segnalare, nello specifico “Mission to Mars”, banalotta, e “Dogs of Cernobyl”, assolutamente non brutta, ma un po’ avulsa rispetto al resto delle sonorità presenti. Tutto questo, però, è prontamente bilanciato da diverse bombe a mano che rispondono al nome di “We’ll be back”, primo singolo estratto, e quindi già nota a tutti, “Life in Hell”, una rasoiata old style, “Soldier on!”, col suo incedere marziale, o “Cèlebutante”, tutti brani che ci consegnano una band in gran spolvero.

Mi ha convinto, quindi, il nuovo album dei Megadeth? ‘ni’…
Rispetto a “Dystopia” l’ho trovato certamente più vario e meno autocitazionista, ma al tempo stesso meno frizzante. Kiko ha comunque tantissimo spazio per esprimere il suo incredibile talento, ma mi è sembrato leggermente meno incisivo. I pezzi picchiano duro, ma contemporaneamente non è un massacro dalla prima all’ultima traccia, è qualcosa di molto più meditato, Dave sa come e quando colpire. In definitiva, se mi permettete un paragone assolutamente azzardato, direi che tra “Dystopia” e “The sick, the dying… and the dead!” c’è lo stesso dualismo creato all’epoca tra “Rust in peace” e “Countdown to extinction”: i secondogeniti sono due ottimi dischi, ma vengono offuscati se paragonati ai primogeniti!
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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