Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2021
Durata:54 min.
Etichetta:Independent

Tracklist

  1. TWILIGHT BRAVADO
  2. THE REVOLUTION ORACLE
  3. RORSCHACH MAZE
  4. BLACK POWDER MASTERMIND
  5. BIG BAD BLOCK
  6. WHITE ANGEL
  7. PSYCKO WACKO
  8. SPLINTER OF INSANE LUCIDITY
  9. DECEITFUL DIVINITY
  10. NOTHING BEHIND THOSE EYES
  11. JUDAS GOAT
  12. OXYURANUS

Line up

  • Fabio "FX" Capulli: bass
  • Riccardo "Rick Rock" Macrì: drums
  • Paolo "Dr. Phibes" Caucci: guitars
  • Emanuele "Mr. Hellvis" Galanti: vocals

Voto medio utenti

La prima cosa che viene da pensare è: ma cosa diavolo è il Kubark Project? È una parola strana che i D-Tox si sono inventati per attirare una certa curiosità, grazie anche alla scelta di una cover molto enigmatica?

La parola Kubark è ripresa da un progetto della CIA, esattamente il Kubark Counteritelligence Interrogation, di fatto un manuale sulle tecniche di tortura destinato ai funzionari e gli agenti operativi che l’agenzia di sicurezza americana aveva redatto nel 1963, e in parte desecretato dal governo degli Stati Uniti solo nel 1997. Inoltre nella desecretazione è anche saltato fuori che la parola Kubark non è un termine strano che gli americani si sono inventati e che sta lì così, un po’ per caso, ma designa la stessa CIA. Bello eh?

Partendo esattamente da queste premesse i D-Tox hanno tirato fuori un album che rende pienamente giustizia ad un background simile: per cui preparatevi, perché tra le varie mazzate sulla batteria, riff di chitarra graffianti, l’incalzare del basso e una linea vocale tutt’altro che morbida e accomodante, le ballad non potevano che essere assolutamente bandite.

Uno degli aspetti migliori di questo album, lasciatemelo dire, è che nonostante si rifaccia ad un sound molto classic metal i D-Tox non si sono posti limiti nel concepirlo e realizzarlo, non hanno avuto alcun dubbio nell’utilizzare quelle sonorità esterne a questo specifico ambito musicale (che rimane tutto sommato una traccia portante nella scelta del sound) per meglio creare e delineare le atmosfere di ogni singolo brano. Un’altra caratteristica decisamente marcata, è una grande uniformità dell’opera nonostante le varie tracce che la compongono presentino, ognuna, delle sonorità ben marcate e peculiari, risultando così facilmente distinguibili l’una dall’altra.

Il sound cupo e violento che coinvolge e subito attrae l’attenzione, nasconde un livello tecnico non indifferente e che emerge per bene solo dopo diversi ascolti; un’alternanza di ritmi, tempi e musicalità che rende Kubark Project un album sempre più interessante dopo ogni ascolto, che fa emergere una cura e una ricercatezza nei suoni che sul momento, ad un primo ascolto, rischia quasi di perdersi.

Inoltre, e non è cosa da poco, questo album è di fatto un concept che si muove in avanti potente ed ineluttabile, raccontando una sua storia che richiama ad un certo cinema, horror ovviamente, e le atmosfere tipiche di un autore fondamentale per questo genere come John Carpenter.

Recensione a cura di Emanuele Conti

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