Gli italiani Acid Mantra si sono formati al principio dello scorso anno, ma i tre componenti vantano notevoli esperienze artistiche: il fondatore Marcello Monti è cantante, attore, speaker radiofonico e televisivo, insegnante di canto ed ha militato in svariate formazioni locali, il chitarrista/bassista Enrico Ascari è altrettanto veterano (Browbeat, Blowin, Wasting Disease, Stonedrift) ed il drummer Pietro Vecchi militava negli Indhastria. Puro underground nazionale, ma indubbiamente musicisti assai navigati.
Questo progetto si pone l'obiettivo di fondere elementi doom e stoner con suggestioni psycho-atmosferiche di matrice vedico-indiana, come si può già intuire dal moniker della band. Nei sei brani di "Cold stare" troviamo appunto stralci di oscurità Sabbathiana intrecciati a momenti mistici e meditativi, che odorano di guru ed effluvi d'incenso.
Se pezzi come "The place of my dreams" o "Time of change" esplorano i percorsi più orrorifici e mesmerici del doom, guidati dai riff ritualistici di Ascari e dalla voce intensa ed urticante di Monti, risultando mazzate da stordimento più che buone, in altri episodi emerge una vena sperimentale che coniuga i fumi tossici dell'heavy stoner con parti vocali da soundtrack per un viaggio in Nepal alla ricerca della spiritualità perduta ("Darkness", "Cold stare", "Strange sensation"). Soluzioni interessanti e ben bilanciate tra deliquio psicoattivo e rocciosità stoner di ultima generazione. Forte ispirazione mantrica-orientale e solida concretezza tra Black Sabbath e The Obsessed, due influenze che emergono chiaramente dal sound degli emiliani.
Complessivamente notiamo una sufficiente ispirazione, la ricerca di una personalità autonoma e riconoscibile, una buona attitudine compositiva e realizzativa. A mio avviso c'è da limare qualcosa, da rivedere alcuni dettagli e forse infondere un pizzico di maggiore energia, ma nello scenario attuale i nostri Acid Mantra riescono a ritagliarsi uno spazio di interesse. Buon lavoro di doom-psych alternativo, con spazi di miglioramento.