Copertina 8

Info

Anno di uscita:2021
Durata:40 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. SAY WHAT YOU NEED TO SAY
  2. WHEN WE WERE YOUNG
  3. BROKEN MIRROR
  4. DELIRIUM
  5. WHEN I'M GONE
  6. SHOULD'VE KNOWN BETTER
  7. SO BEAUTIFUL
  8. TIME TO LET IT GO
  9. DéJà VU
  10. BRIGHT AND CLEAR
  11. HOPE IT WILL BE ALRIGHT

Line up

  • Kristian Fyhr: vocals
  • Johan Älvsång: keyboard, backing vocals
  • Emil Dornerus: guitar, backing vocals
  • Olof Gadd: bass, backing vocals
  • Anton Roos: drums, percussion
  • Hampus Linderholm: guest on cello
  • Emelie Alm: guest on backing vocals

Voto medio utenti

Che gli svedesi fossero altamente competitivi nella complicata sfida per la conquista del gotha melodico contemporaneo è un dato di fatto difficilmente controvertibile, ma francamente rimango sempre un po’ stupito dal numero e dal livello artistico delle new sensation continuamente sfornate dal Konungariket Sverige.
I Seventh Crystal, nuova “scoperta” di casa Frontiers Music, si collocano con questo “Delirium” tra i debuttanti più interessanti dell’anno, forti di una qualità espressiva di grande rilevo e della volontà di “svecchiare” il genere, senza peraltro tradire i suoi dogmi fondamentali.
Fondati da Kristian Fyhr (Perpetual Etude) gli scandinavi inoculano nelle fibre soniche delle loro canzoni d’ispirazione “adulta” bagliori di prog e di gothic e s’inseriscono per “freschezza” in quella felice categoria di band (H.E.A.T., One Desire, Creye, Diamond Dawn, degreed, …) che non si rivolgono esclusivamente ai “nostalgici” degli anni ottanta.
Nulla di particolarmente “rivoluzionario”, in realtà, eppure sufficiente ad attrarre una gamma generazionale piuttosto ampia, il tutto senza per questo apparire eccessivamente “ruffiani” e strategici o svilire il modello stilistico di riferimento.
Un’operazione di “rinnovamento” molto equilibrata e misurata, dunque, così come appare molto curata la scelta dei suoni e la loro varietà, alternando con sapienza grinta, malinconia, eleganza e forza evocativa.
La voce fascinosa e versatile di Fyhr rappresenta il classico valore aggiunto della situazione, e le sue vaghe incursioni in territori “estemporanei” (sentitelo negli screams di “Say what you need to say”), seppur forse “divisivi”, contribuiscono ad arricchire con buongusto e tensione emotiva il canovaccio musicale dell’albo.
Partendo proprio da “Say what you need to say”, il disco mescola fin da subito tutte le sue diverse “anime” e se “When we were young” aumenta i “giri” e punta sull’adescante ritornello, con “Broken mirror” il gruppo fornisce all’astante un’intrigante versione del “concetto” di ballata, adatto anche alle programmazioni radiofoniche odierne.
Delirium” dovrebbe piacere ai fans dei W.E.T., in “When I'm gone” torna l’orientamento “modernamente tradizionalista” e con “Should've known better” i Seventh Crystal esibiscono la loro vena maggiormente melodrammatica, sostenuta da una contagiosa linea armonica.
Giunti all’anthemSo beautiful”, una sorta di arena-rock per il terzo millennio, l’idea di avere a che fare con eccellenti e scaltri transcodificatori della “tradizione” è ormai consolidata, rafforzata ulteriormente dalla carica metallica di “Time to let it go”, non lontana (anche per l’approccio vocale) da certe cose di Jeff Scott Soto.
Il clima trionfale di “Déjà vu” (appena stucchevole, in realtà …) e la melodia palpitante di “Bright and clear” offrono un’altra efficace “palestra” per le peculiarità di un cantante di enorme talento, che con la conclusiva “Hope it will be alright”, accompagnato solo dalle elegiache note di un pianoforte e di un violoncello (suonato dall’ospite Hampus Linderholm), conferma sensibilità e duttilità interpretativa, andando a lambire addirittura inaspettate sfumature Gabriel-iane.
Di questi tempi è sempre più difficile prevedere le possibilità di successo di una formazione musicale ma “Delirium” ha tutti i mezzi per garantire ai Seventh Crystal quel misto di complicità e considerazione che si riserva a chi può dare una bella “scossa” alla scena melodica internazionale … ora tocca a voi fare la vostra parte.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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