Copertina 7

Info

Anno di uscita:2021
Durata:39 min.
Etichetta:Antigony

Tracklist

  1. ASHES
  2. HIDDEN
  3. TORN
  4. DEATH
  5. SPINES
  6. TAR

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

O bene bene o male male.

In ambito post rock va così per quanto riguarda la mia esperienza: a livello di singoli brani o si compongono dei pezzi completamente assorbenti, emozionali e disturbanti o vengono fuori delle palle mosce, insipide e noiose oltre ogni misura.
Assemblando 5, 6 o 7 brani tra di loro, a seconda della qualità degli stessi, ne esce una cosa immonda, un disco da addormentarsi, una cosa carina o un capolavoro.

Nel caso di "Forsaken", opera seconda degli svizzeri A River Crossing, il giudizio pende decisamente sul lato positivo ma l'ago della bilancia non schizza completamente a destra a causa di un'altalenanza qualitativa delle canzoni che lo compongono ma che, in ogni caso anche quello meno positivo, rimane ampiamente entro la sufficienza.



Ne esce fuori un disco da forti chiaroscuri, a volte più depressivo altre volte di più ampio respiro, in cui tonalità rock emergono forti interrompendo atmosfere ipnotiche ed oniriche, talvolta non eccelse come in "Torn", in cui il semplice ma efficace crescendo di chitarre dovrebbe essere preso come spunto dalla band per accrescere la componente "apocalittica" che sembra essere il loro pezzo forte, anche a sentire il finale della opener "Ashes", una delle migliori del lotto, che da sonorità decisamente alt-rock (anche a causa della voce femminile, per fortuna non presente nel resto del disco) passa a cadenze care a band come Agalloch era "The Mantle"ed è qui che a mio avviso gli A River Crossing dovrebbero cercare di rimanere in maniera stabile, alternando le influenze davidgilmouriane con una maggiore dose di post metal.

Ne esce fuori in ogni caso un lavoro assai gradevole, con due o tre picchi (le sopracitate, "Death" e vari momenti all'interno di ogni pezzo) capaci di smuovere i nostri sensi, ben suonato e prodotto ancora meglio, e qualche incertezza dovuta a passaggi fin troppo radiofonici - quasi sempre fissati in apertura di canzone - ma che non possono sminuire il valore complessivo di un disco che incarna al meglio il titolo che porta, "abbandonato", come ci sentiamo noi quando ci rivolgiamo a musica che ci conforti nel nostro sgomento.

Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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