Gravesend - Methods of Human Disposal

Copertina 5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2021
Durata:27 min.
Etichetta:20 Buck Spin

Tracklist

  1. FEAR CITY
  2. STH-10
  3. METHODS OF HUMAN DISPOSAL
  4. ASHEN PILES OF THE INCINERATED
  5. END OF THE LINE
  6. SUBTERRANEAN SOLITUDE
  7. UNCLAIMED REMAINS
  8. VERRAZANO FLOATER
  9. EYE FOR AN EYE
  10. TRINITY BURNING
  11. NEEDLE PARK
  12. ABSOLUTE FILTH
  13. THE GRAVE'S END
  14. SCUM BREEDS SCUM
  15. CONCRETE FEET

Line up

  • S: Bass, Vocals (backing), Synth
  • G: Drums
  • A: Guitars, Vocals, Synth

Voto medio utenti

C'erano tutti i presupposti perchè questo album potesse piacermi, e pure alla grande! La promessa di un ibrido tra black metal e grindcore, tematiche incazzate e il sigillo della sempre più interessante 20 Buck Spin mi sono subito parse delle referenze niente male. La prospettiva di farmi una bella scorpacciata di ignoranza e marciume mi aveva assai lusingato e mi sono approciato al disco in questione con tutte le migliori intenzioni. Purtroppo però devo dire di essere rimasto abbastanza annoiato dagli ascolti di "Methods of Human Disposal" degli statunitensi Gravesend: ben vengano il marciume e l'ignoranza - ovviamente - ma dopo aver finito di sentire un disco mi piacerebbe ricordarmi qualche riff, qualche linea vocale, qualche spunto di qualunque tipo. Con il presente lavoro ciò non succede, nemmeno dopo ascolti ripetuti: certo, la mezz'ora scarsa di "Methods..." vola via senza nemmeno rendersene conto ma anche senza lasciare il segno. I momenti in cui l'attenzione rimane alta sono piuttosto rari e in una proposta fatta di pezzi corti e violenti l'assenza di riff ficcanti o breakdown memorabili si fa sentire in modo pesante e negativo. Già dal primo ascolto ho avuto la netta sensazione - mai dissipata negli ascolti successivi - che gente come i Revenge abbia già proposto qualcosa di analogo in modo ben più efficace e convincente. Tentare di fondere black metal e grindcore non è sufficiente a ottenere un risultato terremotante se ci si limita ad incollare cliché dalle due scuole senza alcun tipo di originalità o di riff quantomeno ficcanti a supporto. In una scena black/hardcore che negli ultimi anni comincia a popolarsi (si vedano ottimi progetti come Implore, The Secret o Iskra) la personalità comincia a diventare determinante per scindere chi si limita a percuotere gli strumenti più forte che può e chi cerca di immettere qualcosa di proprio e riconoscibile nella materia che cerca di lavorare. L'assenza di personalità è un limite su cui il debut della band statunitense si scontra rovinosamente, facendoci mettere in dubbio l'utilità dell'uscita in questione.
Recensione a cura di Giacomo Babuin

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