Copertina 8

Info

Anno di uscita:2006
Durata:50 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. RIGHT UP AHEAD
  2. BLUE SUEDE SHOES
  3. FOUR LEAF CLOVER
  4. M16
  5. YOUR GREAT ESCAPE
  6. DISAPPEAR
  7. ON A DAY LIKE TODAY
  8. LIVIN' JUST TO DIE
  9. SHORT FLIGHT TO MEXICO
  10. GENERICA
  11. CAN'T TAKE IT BACK

Line up

  • Kip Winger: vocals, bass, keyboards
  • Reb Beach: guitars, vocals
  • Rod Morgenstein: drums
  • John Roth: guitars,vocals
  • Cenk Erouglu: keyboards, guitars

Voto medio utenti

Questa novella inizia con un aitante giovanottone americano che, dopo aver prestato servizio presso la corte di Alice Cooper, decide che è il momento di impegnarsi in prima persona nel variopinto universo del rock ‘n’ roll.
Nasce così, assieme agli alleati Reb Beach, Paul Taylor e Rod Morgenstein, una banda musicale ricca d’ambizioni, entusiasmo e qualità, che per il proprio monicker attinge proprio dal cognome del suddetto prestante figlio del Colorado: ladies and gentlemen, ecco i Winger.
Il primo parto del bassista e cantante Kip Winger e dei suoi compagni d’avventura è "Winger" (ma conosciuto anche con il titolo "Sahara", tra l’altro anche il nome originario del combo, abbandonato a causa delle solite questioni d’omonimia), un album licenziato nel 1988 dalla major Atlantic e prodotto nientedimeno che dal maestro della consolle Beau Hill.
Il disco ottiene un considerevole successo, rappresentando una pietra di paragone nell’ambito dell’hard melodico e commerciale d’estrazione yankee (con puntate fino al class metal), nonché l’evidenza di un team solido e affiatato che andava oltre l’avvenenza fisica del proprio frontman, smentendo così quelli che potevano essere i presupposti "esteriori" dell’intera operazione.
A seguire usciranno "In the heart of the young" (1990), per certi versi più raffinato, vario e "tecnologico", e "Pull" (1993), il quale, nel tentativo di contrastare la forza inarrestabile del Seattle sound (assorbendone alcuni vaghi umori e introducendo un approccio più maturo alla materia complessiva) pone la parola fine sulla parabola collettiva del gruppo.
Kip intraprenderà una carriera "in proprio" dagli esiti non esattamente clamorosi, l’ex Dixie Dregs Morgenstein concederà il suo estro in acts quali Rudess / Morgenstein, Platypus e Jelly Jam, mentre l’abilità di Beach si esprimerà con Dokken, nell’intrigante project The Mob e nella collaborazione live con i Whitesnake.
Ci ha pensato il "bacio" di una "fanciulla" italiana di nome Frontiers a risvegliare la creatura discograficamente assopita da ben tredici anni e il risultato si chiama semplicemente "IV", il nuovo capitolo di una bella "favola" reale.
A questo punto immagino le espressioni scettiche dei Vs. visi … le storie che prevedono popolarità negli eighties, oblio negli anni di delirio grunge e "inaspettato" ritorno nel momento in cui certi suoni sembrano aver riconquistato considerevole interesse, non sono affatto insolite e io stesso prima di sottopormi alla prova dell’ascolto non ho potuto fare a meno di interrogarmi ancora una volta sull’effettiva "sincerità" di iniziative come questa, forse non esattamente alimentate esclusivamente dalla voglia di suonare nuovamente assieme e da una rinnovata unanime pulsione creativa.
Sebbene simili questioni siano alla fine comunque abbastanza marginali e assolutamente subordinate all’efficacia del prodotto in analisi, la "nuova" versione dei Winger (che oggi prevede, oltre agli storici Kip, Rod e Reb, anche il chitarrista/tastierista turco Cenk Eroglu - con cui i tre avevano già collaborato, nell’ambito del progetto Xcarnation - e John Roth, anch’egli "vecchio" collaboratore della band), a differenza di molti altri "redivivi" degli anni ottanta, non si accontenta di recuperare acriticamente le sonorità che l’avevano resa famosa (e non è una gran sorpresa dacché, come anticipato, una certa voglia di "rinnovamento" ha sempre fatto parte del codice genetico dell’act statunitense), ma cerca di progredire ulteriormente, in un modo tale da poter tranquillamente considerare le esplicitate intenzioni del leader di "… move the band sound forward, without repeating the same music over and over", come qualcosa di più di una semplice dichiarazione "promozionale" o un proclama d’integrità artistica.
I nostri dimostrano dunque una certa audacia nel volere, pur mantenendo i loro "principi" fondamentali e proseguendo il discorso concluso con il bistrattato (ai tempi della sua uscita) "Pull", affrontare nuove strade che conducono a visuali di pesante hard rock "attualizzato" e addirittura a tenui scenari di natura prog, e direi proprio che l’immagine complessiva che ne scaturisce è assai "potente", varia nelle soluzioni cromatiche ed emozionalmente coinvolgente.
Una "pesantezza" capace pure di splendidi alleggerimenti melodici rende "Right up ahead" uno dei migliori episodi del disco, accanto alla forza passionale di "Blue suede shoes", alla straordinaria "semplicità" ad elevato coefficiente di contagio della rock-eggiante "Four leaf clover" e all’appassionante "Can't take it back", traboccante di forza drammatica e tensione emotiva.
A livelli di consenso appena inferiori troviamo, poi, "M16", "Disappear", "Livin’ just to die" e "Short flight to Mexico", tutte in qualche modo sulle piste dell’opener ma con un briciolo di pathos in meno, "Your great escape", con un pizzico di Van Halen (Hagar era) nell’incedere e la ballata "On a day like today" (forse i due pezzi maggiormente "nostalgici" dell’intero lavoro), per finire con una sorprendente "Generica", cangiante, ipnotica ed estrosa, in cui quella perizia tecnica e quella fantasia un tempo soffocate in nome della "facilità", possono finalmente liberarsi in tutta la loro essenza.
"IV" è un disco che sa essere modernamente retrospettivo, se mi concedete questa specie d’ossimoro, per una band che probabilmente ha perso un po’ di spensieratezza e non se la sente più di cantare di frivolezze (buona parte dell’albo è liricamente ispirata al punto di vista dei soldati impegnati in guerra e lo stesso artwork a cura del famoso disegnatore di fumetti Ethan Van Sciver ha la stessa matrice concettuale) e vuole solo esprimere questo stato d’animo nella propria musica.
Sono quasi sicuro che qualcuno dei vecchi fans rimarrà un po’ deluso da questa prova, attendendosi la riproposizione di una situazione maggiormente "familiare", ma anche loro non potranno non concedere rispetto ad un gruppo che, a dispetto dei condizionamenti del mercato, tenta di evolvere e "crescere" nel suo percorso artistico e che deve soltanto essere valutato senza troppi preconcetti, in modo approfondito e concentrato, per poter essere apprezzato ancora una volta.
Insomma, godiamoci con la dovuta calma e attenzione questa quarta puntata dell’opera, auspicandone fin da oggi un seguito in tempi ragionevolmente brevi e sperando, dunque, che non si tratti del "lieto fine" di un racconto che dimostra ancora di poter essere avvincente e "monopolizzante", ratificando per i suoi autori un ruolo di primo piano nella "narrativa" rock internazionale.
Coraggioso, controverso, bellissimo.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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