Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:54 min.
Etichetta: MDD Records

Tracklist

  1. LANDSKNECHT
  2. ROARING THUNDER
  3. KILL & BECOME
  4. DEATH AWAITS
  5. HOLDOUT
  6. MOUNTAIN OF DEATH
  7. THE KING OF SLAUGHTER
  8. AGONY
  9. 7:28

Line up

  • Michael "TZ" Schweitzer: vocals
  • Eric Tobian: guitars
  • Murphy Lange: guitars
  • Samuel Maier: bass
  • Jan Hagin: drums

Voto medio utenti

L’ultima volta che avevamo sentito parlare dei Pessimist era il 2013, anno di uscita di “Death from above”, album tutto sommato senza infamia e senza lode, come sottolineato anche dal sommo Graz nella sua recensione.

Sono passati ben sette anni quindi, e finalmente la band torna a far parlare di sé grazie alla pubblicazione del nuovo “Holdout” ad opera della sempre più attiva MDD Records. Non ho la certezza del perché sia trascorso tutto questo tempo prima che i nostri dessero alla luce il loro nuovo full length, deduco che il tutto sia dovuto al cambio di drummer. Quello che so, però, è che la loro proposta non è mutata di una virgola, in quanto si continua a parlare di thrash metal di stampo tedesco (d’altra parte vengono proprio da lì, da Weil am Rhein), ultra diretto e senza il benché minimo compromesso. I punti di riferimento principali continuano ad essere i primi Kreator, specie per il tono di voce e lo stile del singer Michael "TZ" Schweitzer, senza però tralasciare qualche piccola influenza più moderna che svecchia il sound e lo attualizza ai giorni nostri.

Con un concept sulla guerra, analizzata con criticità e fermezza, e una produzione affilata e potente, “Holdout” si pone l’obiettivo di radere tutto al suolo come un panzer lanciato all’impazzata, e teoricamente potrebbe anche riuscirci, perché i brani sono violenti, compatti, non lasciano respiro. Il problema principale di questo disco, che peraltro era anche quello del suo predecessore, è che queste tre caratteristiche si ritorceranno contro la band stessa, in quanto nonostante i numerosi tentativi tramite stop and go, rallentamenti, repentine accelerazioni, di variare la propria proposta, questa risulta troppo ripetitiva, senza spiragli, troppo concentrata a dover risultare cattiva a tutti i costi. Per correttezza, però, mi preme segnalare la conclusiva “7-28”, 11 minuti in cui la band riesce finalmente ad esprimersi al meglio e a far capire di cosa è capace. Se fosse riuscita a mantenersi su questi livelli anche nel resto dei brani, le sorti dell’album sarebbero state senza dubbio differenti.

Sette anni dopo un album così così, liquidato dal Graz con un 6,5, mi aspettavo una decisa crescita dai Pessimist, invece la maturazione c’è stata solo in parte, e alla fine della fiera non mi sento di premiare la band con un voto eccessivamente alto, andando a confermare quello del lavoro precedente. Si poteva fare molto di più in questo lungo lasso di tempo per evitare di lasciare questo amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere ma non è stato…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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