Copertina 7

Info

Anno di uscita:2020
Durata:55 min.
Etichetta:Steamhammer / SPV

Tracklist

  1. THE BLACK SERENADE (INTRO)
  2. GUNFIRE
  3. BAD REPUTATION
  4. SIGN OF THE TIMES
  5. THE END OF THE LINE
  6. AS BLIND AS A FOOL CAN BE
  7. WINGS OF THE STORM
  8. WAITING FOR YOUR CALL
  9. LIVING IN A DREAM
  10. INTO THE FIRE

Line up

  • Johnny Gioeli: lead and backing Vocals
  • Axel Rudi Pell: lead, rhythm, acoustic Guitars
  • Ferdy Doernberg: keyboards
  • Volker Krawczak: bass
  • Bobby Rondinelli: drums

Voto medio utenti

Diciotto candeline. Ma il compito di spegnerle non tocca certo al chitarrista Axel Rudi Pell, visto che ha largamente superato la maggiore età e bazzica la scena Metal ormai da un bel po' di tempo in più.
Infatti, la festa di compleanno è stata organizzata per "Sign of the Time", il nuovo, e per l’appunto, diciottesimo - album per gli Axel Rudi Pell, una formazione sempre più solida e compatta, visto che attorno al chitarrista tedesco non si è mai assistito ad un carosello di musicisti, e che sin dai tempi di "Oceans of Time" del 1988, fatto salvo il ruolo di batterista (prima Jörg Michael poi Mike Terrana), non ci sono state altre variazioni nella line-up.
E - tocca ripeterlo - nemmeno a livello di sonorità.
Non che si aspettassimo altro, e per quanto in occasione della mia recensione del precedente "Knights Call" avessi provato a ingannare i lettori, le coordinate musicali sono sempre le stesse... e non posso che ripetermi: "Sign of the Time" non schioda di una virgola lo stile del biondo chitarrista tedesco.

Eppure rispetto al più recente passato, dalle dieci (tra cui l'intro "The Black Serenade") canzoni del disco si sente una botta in più, probabilmente grazie alla mano di Tommy Geiger che si è affiancato a Pell nella produzione al posto di Charlie Bauerfeind (finalmente un cambiamento). Per il resto, pur di fronte a qualche evidente autocitazione, "Sign of the Time", ci offre la solita prova spettacolare di Johnny Gioeli, tanto nell'inevitabile (e un po' leziosa ballad) "As Blind As a Fool Can Be", quanto nei brani più hardeggianti, come "Bad Reputation" o "Wings of the Storm", dove la potente e roca voce del cantante americano solitamente si trova a più agio. Non che il cantante newyorkese lasci spazio ad appunti anche sulle più dirette e immediate "Gunfire" e "The End of the Line", come pure lungo le trame più articolate della titletrack o su quelle epiche e sontuose di "Into the Fire". Da parte sua l'ex chitarrista degli Steeler non eccede mai in protagonismo, ma quando prende la scena lascia il segno, e lo dimostrano gli assoli che arricchiscono, ad esempio, "Waiting for Your Call" o "Into the Fire", eppure riesce a soprenderci con quel taglio Reggae che riesce a dare alla prima parte di una "Living in a Dream", che poi riparte su più classici binari, tra Rainbow e Deep Purple.

Coerenti? Si. Pure troppo.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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