Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:34 min.
Etichetta:Iron Shield Records

Tracklist

  1. SPACE HEX
  2. SPEEDBOAT PIRACY
  3. GRAVES OF CONCRETE
  4. MISANTROPICAL ISLAND
  5. DRONE COMMANDER
  6. EVOLVING HATE
  7. BORN FROM SORROW
  8. GALACTIC GHOSTS
  9. ENEMY

Line up

  • Hänz Hazard: vocals
  • Jerry Reactor: guitar
  • Jonny Master: bass
  • Caue Dos Santos: drums

Voto medio utenti

I Reactory prendono vita a Berlino nel 2010, e dopo la classica trafila fatta di demo e autoproduzioni arrivano nel 2014 all’agognato debutto, seguito da altri due lavori in studio, di cui l’ultimo è proprio questo “Collapse to come”. Sapendo che si tratta di una band tedesca, se vi anticipassi che il genere proposto è thrash metal sono sicuro che vi fareste subito un’idea di quanto suonato dal quartetto crucco. Invece vi assicuro che la band è tra le meno tedesche in circolazione, in quanto a sonorità, nonostante nella loro bio ufficiale si parli di Kreator e Destruction.

Le coordinate stilistiche, infatti, sono a metà strada tra il thrashcore americano, quindi band come D.R.I. (con i quali sono stati anche in tour), Municipal Waste, e compagnia bella, e il lato più selvaggio della scena tedesca (Tankard e Assassin in particolare), anche se in maniera ridotta rispetto al tutto. E quando poi si lanciano in partiture un po’ più complesse e meno in your face, ecco saltare fuori richiami di Exodus e di thrash americano più classico. Insomma, di carne a cuocere ce ne sarebbe abbastanza per rendere “Collapse to come” un album interessante.

A questo punto, visti i numerosi nomi citati, bisogna capire se i Reactory possiedono o meno personalità, tanto da non risultare l’ennesima band fotocopia di cui non sentiremmo davvero la necessità. La risposta, come spesso capita, è sì e no. Il songwriting, infatti, è abbastanza vario e dinamico, come abbiamo già visto; dal punto di vista tecnico nulla da eccepire al quartetto, così come molto valida e potente risulta essere la produzione. Se aggiungiamo che l’album dura appena 34 minuti, capirete che i presupposti ci sarebbero tutti. Uso il condizionale perché purtroppo, nonostante la breve durata del disco, giunti alla sua metà inizia a sopraggiungere un certo senso di noia, i brani finiscono con l’assomigliarsi un po’ tutti e non reggono bene fino alla fine.

È un peccato, perché dopo aver ascoltato i primi due o tre pezzi mi sarei aspettato grandi cose dai Reactory, invece alla fine mi sono ritrovato un dischetto che se da un lato sicuramente non dispiace, dall’altro non convince in pieno, quindi per adesso, considerato che stiamo parlando del loro terzo album e non di un esordio, non posso andare oltre il 6,5.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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