Virgin Steele - The House of Atreus act I e II

Copertina 9

Info

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Anno di uscita:2016
Durata:118 min.
Etichetta:Steamhammer

Tracklist

  1. KINGDOM OF THE FEARLESS (THE DESTRUCTION OF TROY)
  2. BLAZE OF VICTORY (THE WATCHMAN'S SONG)
  3. THROUGH THE RING OF FIRE
  4. PRELUDE IN A MINOR (THE VOYAGE HOME)
  5. DEATH DARKLY CLOSED THEIR EYES (THE MESSENGER'S SONG)
  6. IN TRIUMPH OR TRAGEDY
  7. RETURN OF THE KING
  8. FLAMES OF THE BLACK STAR (THE ARROWS OF HERAKLES)
  9. NARCISSUS
  10. AND HECATE SMILED
  11. A SONG OF PROPHECY
  12. CHILD OF DESOLATION
  13. G MINOR INVENTION (DESCENT INTO DEATH'S TWILIGHT KINGDOM)
  14. DAY OF WRATH
  15. GREAT SWORD OF FLAME
  16. THE GIFT OF TANTALOS
  17. IPHIGENIA IN HADES
  18. THE FIRE GOD
  19. GARDEN OF LAMENTATION
  20. AGONY AND SHAME
  21. GATE OF KINGS
  22. VIA SACRA
  23. WINGS OF VENGEANCE
  24. HYMN TO THE GODS OF NIGHT
  25. FIRE OF ECSTASY
  26. THE ORACLE OF APOLLO
  27. THE VOICE AS WEAPON
  28. MOIRA
  29. NEMESIS
  30. THE WINE OF VIOLENCE
  31. A TOKEN OF MY HATRED
  32. SUMMONING THE POWERS
  33. FLAMES OF THY POWER (FROM BLOOD THEY RISE)
  34. ARMS OF MERCURY
  35. BY THE GODS
  36. AREOPAGOS
  37. THE JUDGMENT OF THE SON
  38. HAMMER THE WINDS
  39. GUILT OR INNOCENCE
  40. THE FIELDS OF ASPHODEL
  41. WHEN THE LEGENDS DIE
  42. ANEMONE (WITHERED HOPES... FORSAKEN)
  43. THE WATERS OF ACHERON
  44. FANTASY AND FUGUE IN D MINOR (THE DEATH OF ORESTES)
  45. RESURRECTION DAY (THE FINALE)

Line up

  • David DeFeis
  • Edward Pursino
  • Frank Gilchriest

Voto medio utenti

Non ero del tutto convinto di aprire con una serie di "note alla lettura", ma le ritengo utili per chiarire preliminarmente il mio pensiero e il mio approccio a questi dischi; quindi proviamo a partire così:

1) ho sempre considerato i due The House of Atreus come un (capo)lavoro organico e inscindibile, per questo ho deciso di scrivere di entrambi all'interno di un'unica recensione;
2) si tratta dei dischi grazie ai quali ho conosciuto e mi sono innamorato dei Virgin Steele (quei Virgin Steele), per cui è inevitabile per me attribuire loro un elevato valore affettivo, che si somma a quello prettamente artistico;
3) eviterò di entrare in disquisizioni rispetto a quello che i VS erano una volta e quello che invece sono oggi, né mi interessa fare raffronti tra i capolavori del passato e la produzione più recente;
4) allo stesso modo mi terrò alla larga dalla tentativo (che sarebbe comunque inutile) di comprendere i motivi del megalomane declino artistico di David DeFeis, incontrastato e dispotico sovrano del regno.

Smarcate le premesse ecco cosa troviamo all'interno di questi tre dischi (Act II, come sicuramente già sapete, è infatti un doppio) per oltre 160 minuti complessivi.

Teatralità
Parliamo di un concept che a livello lirico si basa sull'Orestea, trilogia di tragedie greche scritte da Eschilo nel V secolo a.C.; trattandosi di tragedie, non ci aspettiamo una storia allegra e leggera, non vi pare? Infatti la trama (molto sintetizzata) più o meno è questa: Agamennone (re dell'Argolide e capo supremo degli Achei durante la guerra di Troia) ritorna a casa dopo la suddetta guerra portandosi dietro come sua concubina Cassandra (principessa troiana e celebre profetessa inascoltata); sua moglie Clitennestra (sorella di Elena, che era la sposa di Menelao - fratello di Agamennone - nonché la donna più bella del mondo, il cui rapimento da parte di Paride - fratello di Cassandra - aveva provocato la già citata guerra), non la prende proprio bene e a un certo punto ammazza sia Agamennone che Cassandra (che ovviamente aveva previsto tutto); Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, non reagisce nel migliore dei modi e uccide la madre; le Erinni (terrificanti personificazioni femminili della vendetta) iniziano a perseguitare il matricida, che però alla fine viene assolto dal tribunale dell'Areopago (il collegio delle supreme magistrature).
Ora, sarà che avendo frequentato il liceo classico mi era toccato studiare l'Orestea e quindi l'idea di trovarla trasposta in musica (metal poi!) mi sembra una figata fotonica, sarà che questa storia così intricata e sanguinosa esercita un suo fascino ancestrale, sarà che DeFeis mette in scena tutti i personaggi come se si trattasse di una vera e propria opera, smazzandosi peraltro da solo le parti vocali di ogni personaggio, ma insomma ritengo che in quanto a teatralità siamo messi piuttosto bene.

Epicità
Epos è il termine in lingua greca che significa "parola", per poi assumere una valenza più ampia grazie a diverse declinazioni; io non so quale sia la vostra idea di epicità (Conan il barbaro che si staglia fiero con il suo spadone? La battaglia tra vivi e morti nell'ultima stagione de Il Trono di Spade? Leonida che in 300 urla "Questa è Sparta!" mentre fa volare l'ambasciatore persiano giù nel pozzo?) nè tanto meno di epic metal (basta che non diciate che lo sono i Rhapsody, neanche quelli belli dei primi dischi), in ogni caso qui dentro se ne trova a piene mani.
Su questa base imprescindibile poggia una notevole varietà stilistica che si esprime tramite atmosfere in grado di volta in volta di sottolineare la drammaticità, la violenza, i sensi di colpa che permeano l'intera storia; le singole tracce si susseguono così in un'alternanza di pezzi tirati, lenti, aggressivi, magniloquenti, senza escludere intermezzi e momenti quasi recitati da un DeFeis che spadroneggia in piena coerenza con la struttura (metal)operistica; inutile in tal senso citare questa o quella canzone, perché si andrebbe a snaturare l'essenza stessa del concept (sia lirico che musicale).

David DeFeis
Non c'è niente da fare, i Virgin Steele sono la sua creatura e David qui (anche più che altrove) non calca la scena, la domina.
Si sente lontano un miglio che c'è lui dietro ogni scelta, ogni composizione, ogni sussurro e ogni urlo.
Considerando la sua formazione musicale, le sue passioni e tutto quello che è venuto dopo i due The House of Atreus, credo di poter affermare con ragionevole convinzione che qui DeFeis, sapientemente affiancato dal fido e validissimo Edward Pursino (che si occupa di tutte le parti di basso e di chitarra), abbia raggiunto il suo apice (per alcuni pure scollinandolo), dando sfogo e corpo ad un progetto ambizioso, forse arrogante, sicuramente meritevole di rispetto.

In conclusione
Che somme si possono tirare rispetto a così tanta (forse troppa) roba? Spero di aver trasmesso cosa questi dischi rappresentano per me e perché.
Molti, so, li considerano eccessivamente prolissi e dispersivi, apprezzandoli solo parzialmente o presi a piccole dosi; altri, pur riconoscendone l'indubbio livello qualitativo, ritengono comunque superiori i lavori precedenti, quelli normalmente considerati storici e imprescindibili (i due The Marriage of Heaven and Hell, Noble Savage, Invictus).
Io, nel mio piccolo, colloco la saga della Casa di Atreo su un piano diverso (non necessariamente migliore o peggiore), sorta di unicum a cui attribuisco un suo preciso, specifico, enorme valore.
Dopo, nulla sarà più come prima.
Recensione a cura di diego
beh

calo prima del crollo. Invictus è inarrivabile, qui c'è del risentito e un po' di stanchezza, in un doppio troppo lungo....

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 03 mar 2020 alle 10:15

Che dire...concordo in pieno! L'opera in due atti è sicuramente l'apice artistico di De Feis che, come dice Diego nella recensione, non verrà più eguagliata successivamente. Sono d'accordo anche sull'inutilità di sterili e inutili paragoni con i lavori passati. Qui parliamo un'altra lingua; si tratta dello "sfogo" definitivo della rappresentazione culturale (letteraria, teatrale o musicale) di De Feis. Anche se i due lavori vanno intesi come un unicum devo dire che i miei ascolti si concentrano spesso e volentieri sul primo atto a cui sono più affezionato. Bellissimo, comunque, anche il secondo.

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