Copertina 5,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2019
Durata:46 min.
Etichetta:Dusktone

Tracklist

  1. PAEAN I
  2. SHEPHERD OF STARS
  3. SOLAR COVENANT
  4. WANAX ETERNAL
  5. THE LAVANTINE BETRAYAL
  6. ESCAPING THE FLESH SO ADAMANT
  7. THE NEMEAN ORDEAL (DEATH OF A LION)

Line up

  • Artur Felicijan: Vocals, Guitars (lead), Keyboards
  • Gajwasz: Guitars
  • T.H.: Drums
  • Gal: Bass

Voto medio utenti

Vorrei premettere che curiosando in rete ho trovato più d'una recensione positiva di questo album mentre, come potete già capire dal numero che vedete qui a sinistra, il mio parere è abbastanza differente. Non nascondo che potrebbe benissimo essere che sia io quello che ha capito ben poco del disco in questione, dunque tutto quello che posso fare è cercare di motivare con argomenti le mie impressioni e tentare di giustificarle.

Non posso negare che quella dei Dekadent sia una proposta stilistica quantomeno particolare: si tratta di un black metal atmosferico che incorpora però una voce in growl di tradizione tipicamente death metal, dei synth che dovrebbero enfatizzare l'elemento atmosferico e delle partiture spesso e volentieri piuttosto lente e doomish. Il tentativo è fuor di dubbio molto interessante ma ciò che mi rende perplesso è il fatto che la resa delle canzoni è estremamente bassa. Il songwriting è sicuramente molto complesso e stratificato - come altri si sono premurati di sottolineare - ma ciò non fa che evidenziare l'assenza - o perlomeno una preoccupante scarsità - di riff, arpeggi o fraseggi capaci di tenere in piedi la struttura dei pezzi che per di più sono spesso piuttosto lunghi. L'impressione è che il lavoro ritmico delle chitarre sia subalterno agli arrangiamenti per tastiera cosa che, in generale, faccio abbastanza fatica a valutare positivamente (se il metal consistesse semplicemente in chitarroni distorti che accompagnano tastiere o altri strumenti credo che sarebbe un genere abbastanza povero...) e che, nel caso specifico di questo disco, l'impressione è che nemmeno le tastiere apportino un contributo così determinante al fine di far funzionare il brano.

Sparpagliate qua e là ci sono delle buone idee che però non sono mai sfruttate a dovere o attorno alle quali risulta difficile pensare di poter strutturare una canzone. Da questo punto di vista si segnalano gli ottimi assoli che intessono il disco per tutta la sua durata, sempre melodici ed evocativi, ma chiaramente non sono elementi a partire dai quali componi un pezzo: la loro funzione allora sembra quella di dare un tocco di personalità ai brani che, in particolare quelli lunghi, risultano distinguibili solo considerando gli assoli...

All'interno dei 46 (interminabili) minuti di "The Nemean Ordeal" molti sono quelli inutili a partire dall'intro synth/strumentale, passando per la lunghissima "Solar Covenant" e la successiva "Wanax Eternal" che danno sempre l'impressione di esser lì lì per decollare senza farlo mai sprecando anche le poche idee interessanti presenti. Per sentire la prima vera e propria canzone bisogna spettare la penultima "Escaping the Flesh So Adamant", sicuramente il brano migliore del lotto e, senza far gridare al miracolo, un buon brano in assoluto anche fuori dalla relazione con gli altri del platter. Guarda caso, si tratta del brano più tipicamente black metal (fatta eccezione per la voce) e in cui invece di cercare la trovata ad effetto o il songwriting elaborato di sto cazzo si sceglie di andare dritti per dritti con riff robusti e una struttura riconoscibile.

Ho anche pensato di essermi messo dalla prospettiva sbagliata. Forse dovevo concentrarmi sulle atmosfere e su ciò che evocano i pezzi, più che su strutture, riff ed arrangiamenti... del resto si tratta di un disco che gira attorno alla mitologia greca e in particolare ad Ercole ed il leone di Nemea. Beh, sono rimasto abbastanza deluso anche da questo punto di vista... anche qui il modesto numero di buone idee è sparpagliato in un agglomerato brodoso di velleità quasi "progressive". La componente di evocazione di scenari mitologici c'è ma è assolutamente vaga e soprattutto priva di capacità narrativa.

Si tratta di un disco fondamentalmente pretenzioso, che vorrebbe essere più di ciò che è ma che quasi mai ci riesce. Dal punto di vista stilistico si tratta di una proposta intrigante, ricca di ottimi arrangiamenti che raramente però sfociano in canzoni compiute e ciò che emerge per prima è una certa noia che si trascina per tutto il platter.
Composizioni più semplici e di impatto avrebbero permesso di salvaguardare meglio anche il concept ma il tentativo di dare una veste prog alla loro proposta fa naufragare l'intera impresa... Presuntuosi.
Recensione a cura di Giacomo Babuin

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