Akercocke - Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:48 min.
Etichetta:Earache
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. VERDELET
  2. SEDUCED
  3. SHELTER FROM THE SAND
  4. EYES OF THE DAWN
  5. DYING IN THE SUN
  6. WORDS THAT GO UNSPOKEN (PART I)
  7. INTRACTABLE (WORDS THAT GO UNSPOKEN PART II)
  8. SERAPHS AND SILENCE
  9. THE PENANCE
  10. LEX TALIONIS

Line up

  • David Gray: drums
  • Peter Theobalds: bass
  • Jason Mendonca: guitars, vocals
  • Matt Wilcock: guitars

Voto medio utenti

Nati come symphonic black-metal band (l'esordio "Rape of the Bastard Nazarene" era indirizzato in tal senso), i londinesi Akercocke, con il quarto capitolo della loro discografia, "Words That Go Unspoken Deeds That Go Undone", sembrano volersi definitivamente affrancare da qualsivoglia tipo di etichetta, dando libero sfogo alla propria vena creativa. Ne risulta un album traboccante di idee (non sempre, però, messe a fuoco in modo ottimale), schizofrenico nel suo divenire, anche all'interno del medesimo brano, a suo modo elitario (come elitaria è l'indole stessa del combo in questione), violentissimo ed, al contempo, introspettivo. Non è certo semplice star dietro a cotanto marasma sonoro, non lo è certamente mettere insieme gli svariati tasselli di cui si compone il disco: ad un primo ascolto (ma anche ad un secondo…) ci si può trovare spiazzati, confusi. Ennesimo lavoro avantgarde? Non esattamente, o meglio ritengo che dare una collocazione precisa ad un disco di tal sorta sia limitativo ed anche fuorviante. Ad assalti all'arma bianca tipicamente death-metal, sovente sfocianti nel brutal più truculento, fanno da contraltare sorprendenti aperture melodiche creanti un'atmosfera malinconica e trasognante; a momenti in cui emerge prepotentemente la natura black-metal del gruppo, si alternano passaggi al limite del progressive-rock; a lancinanti e filtratissime vocals in growl ed in screaming, si contrappongono soavi e goticheggianti linee vocali. Il voler creare un unico melting-pot miscelando influenze di ensembles quali Morbid Angel, Deicide, Dimmu Borgir, Celtic Frost, Katatonia e, addirittura in certi frangenti, Killing Joke, può forse apparire estremamente pretenzioso (ed in effetti lo è), rischiando di mettere fin troppa carne al fuoco. Tuttavia codesto tentativo va apprezzato, anche alla luce di vere e proprie perle quali l'opener-track "Verdelet", esemplificativa in merito alla convivenza fra l'anima "nera" e brutale degli Akercocke e quella più "eterea"; la lunga, articolata e "progressiva" "Shelter From The Sand" (autentica perla dell'album); la title-track suddivisa in due parti, sempre in bilico tra il "bianco" ed il "nero" (del resto la cover dell'album, per l'appunto rigorosamente in bianco e nero, è un segnale lampante a tal riguardo; il triste epitaffio finale di "Lex Talionis", ideale conclusione. "Words That Go Unspoken Deeds That Go Undone" è, dunque, un lavoro di difficile assimilazione, non privo di sbavature, fors'anche tracotante, ma degno di attenzione e di considerazione da parte dei palati più fini, oltre che un segnale più che incoraggiante per il futuro della band.
Recensione a cura di Michele 'Madball' Auriemma
immenso

il capolavoro

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