Room With a View - Collecting Shells At Lighthouse Hill

Copertina 9

Info

Anno di uscita:2005
Durata:40 min.
Etichetta:My Kingdom Music
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. BREATHE THE WATER
  2. FRICTION
  3. SOMETIMES ANYWHERE
  4. PENITENCE
  5. AGAINST MY WILL
  6. TILL MORNING COMES
  7. COLLECTING SHELLS
  8. THE FARTHER SIDE OF HEAVEN
  9. REMEMBERING OUR GOODBYES

Line up

  • Francesco Grasso: vocals, guitars
  • Alessandro Mita: guitars
  • Gino Palombi: bass
  • Piero Arioni: drums

Voto medio utenti

Il ritorno dei Room With A View dopo lo splendido “First Year Departure” del 2002 e davvero un gran bel regalo di Natale anticipato. Cambiata mezza line-up, la band di Francesco Grasso ha operato dei cambiamenti anche al sound, il quale ha abbandonato la complessità cerebrale del debutto per pervenire ad una forma canzone più essenziale e diretta, dove in primo piano ci sono le emozioni e dove il primo obiettivo della band è proprio quello di trasmetterle. Questo “Collecting Shells At Lighthouse Hill” si pone come un vero e proprio catalizzatore di arte emozionale, dove l’urgenza di esprimersi è ammantata di classe, di nuances melodiche e malinconiche, di atmosfere nostalgiche, tipicamente della dark wave ottantiana.
Il tutto è enfatizzato dall’ottima prova vocale di Francesco, poetica, suadente, dolce, creatrice di splendidi contrasti con le chitarre talvolta dure di Alessandro Mita, come in “Sometimes Anywhere”.
Questo disco conquista ascolto dopo ascolto, cresce inesorabilmente, è come essere inghiottiti da un gorgo oscuro, ma di una oscurità mai minacciosa, anzi invitante, ammaliante. E non è un caso che la produzione sia stata affidata a Jens Bogren, già all’opera con Opeth e Katatonia.
Notevole il lavoro svolto sulle canzoni in fase di arrangiamento, un lavoro certosino che nulla lascia al caso, e che si traduce in una manciata di canzoni tutte attestate su un livello davvero eccelso, a partire dalla splendida opener “Breathe The Water”, passando per “Friction” di cui è presente anche il video (in una parte multimediale da urlo), fino ad arrivare ad uno dei punti più alti, quella “The Farther Side Of Heaven” disperata, gotica e decadente nel senso più puro del termine, dal testo sublime, dove l’impasse emozionale non permette di proferir parola e si resta a bocca aperta.
Il disco è anche attraversato da momenti in cui trovano spazio diversi strumenti a fiato, suonati da musicisti ospiti, che rimandano al debut album, e che trovano la loro dimensione ideale nella conclusiva “Remembering Our Goodbyes”, una song di raffinato swing jazzato.
Il disco si chiude con la ghost-track “The Longest Summer”, un pezzo più tirato rispetto ai precedenti, ma comunque ispirato come il resto del disco.
Rimarchevole anche l’artwork, suggello ad un disco che impressiona per la bellezza delle sue melodie, per il fascino con il quale sa conquistare l’ascoltatore, per le emozioni che sa regalare. Semplicemente stupendo.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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