Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:42 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. BANG THE LID
  2. WHISKEY
  3. DOWN IN THE DELTA
  4. TREAT HER LIKE CANDY
  5. MISS ME
  6. BURNT SALLY
  7. PRIVATE NUMBER (FEATURING DAVID COVERDALE)
  8. SHUFFLE SWEET
  9. BLACK COFFEE (FEATURING PAUL COOK AND SIMON LAFFY)
  10. FEELIT
  11. MISTREATED (FEATURING JOE ELLIOTT)

Line up

  • Phil Collen: guitar, vocals
  • Debbi Blackwell-Cook: vocals
  • Robert DeLeo: bass
  • Forrest Robinson: drums

Voto medio utenti

Dopo aver di recente incensato il loro album dal vivo “East Coast live”, recuperiamo, grazie alla lodevole ristampa curata dalla Frontiers Music, anche l’analisi del disco d’esordio eponimo dei Delta Deep, ben lontano dall’essere il semplice “passatempo” roots di un musicista noto per suoni decisamente più cromati e anthemici.
Eh già, perché, a beneficio degli inguaribili distratti, ricordiamo che la band in questione è capitanata da Phil Collen dei Def Leppard, ma non credo proprio che ascoltando la sua produzione qualcuno possa pensare ad una scaltra mossa “commerciale” attuata in tempi di diffuso revival blues (Kenny Wayne Shepherd, Joe Bonamassa, Simo, …).
La verità è che questa “roba”, per essere credibile ed efficace, la devi avere radicata dentro l’anima, ed è innegabile che Phil e i suoi pards siano sostenuti nell’impresa, oltre che da una notevole competenza tecnica, anche da un coinvolgimento emotivo vero e genuino.
Così, se Collen rivela una laringe ispirata assieme ad una evidentemente solo sopita grande passione per il “chitarrismo” di Jeff Beck, Jimmy Page, Gary Moore e Jimi Hendrix e la batteria di Forrest Robinson pulsa all’unisono con il basso poderoso di Robert DeLeo (Stone Temple Pilot), è la straordinaria voce di Debbi Blackwell-Cook a fornire un fondamentale apporto di calore e tensione espressiva a composizioni molto “rigorose” e tuttavia vitali e davvero coinvolgenti.
Impossibile rimanere impassibili di fronte all’ardore sudista di “Bang the lid”, al raffinato shuffle jazz n’ soul di “Whiskey” o alle massicce vibrazioni elettriche di “Down in the delta” e quando arrivano i duetti Collen / Blackwell-Cook in “Treat her like candy”, “Miss me” e nella spigliatezza funkeggiante di “Feel it” sembra veramente di trovarsi di fronte agli anni d’oro della Motown.
Burnt Sally” è un bluesone degno di Stevie Ray Vaughan e, visto che un certo David Coverdale ha deciso di concedere i suoi favori vocali a “Private number”, non sorprende rilevare quanto il brano ricordi un po’ i suoi esordi da solista pre-Whitesnake-iani.
All’appello mancano ancora il dinamismo di “Shuffle sweet”, un’intensa versione di “Black coffee” (pezzo di Ike & Tina Turner, già rifatto da Humble Pie, Rival Sons, Beth Hart & Joe Bonamassa, …), impreziosita da una sezione ritmica d’eccezione (Paul Cook dei Sex Pistols e Simon Laffy dei Girl) e la “mazzata” finale, rappresentata da un entusiasmante remake di “Mistreated” (dei Deep Purple, per gli eventuali “alieni” impegnati nella lettura …), a cui contribuisce fattivamente anche il singer del Leopardo Sordo Joe Elliott.
I Delta Deep aggiungono un altro importante elemento di prova alla tesi che la “tradizione” può ancora, qualora non ci si limiti a un arido “copia e incolla”, essere viva e appagante ... mentre attendiamo (non senza una certa ansia) il ritorno dei Def Leppard, “Delta Deep” è un ottimo modo per rilassarsi ed emozionarsi.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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