Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2017
Durata:67 min.
Etichetta:Pride & Joy Music

Tracklist

  1. PROLOGUE (INSTRUMENTAL)
  2. WHAT WE'RE ALL ABOUT
  3. A SHADOW ON THE SURFACE
  4. WILL THEY?
  5. LOGOS
  6. AWAKENED BY THE LIGHT
  7. ENTERING THE CITY OF GODS
  8. THE CUCKOO'S NEST
  9. NEWTON'S LAW
  10. IN THE HARDEST OF TIMES

Line up

  • Claudio Casaburi: bass
  • Luca Di Gennaro: keyboards
  • Lino Di Pietrantonio: vocals
  • Antonio Mocerino: drums
  • Antonio Vittozzi: guitars

Voto medio utenti

Progressive metal e concept album: un binomio ormai indissolubile? A quanto pare sì. Anche i veterani Soul Secret hanno deciso di cimentarsi in un'opera ambiziosa dalla trama affascinante (una coppia di astronauti che viaggiano alla ricerca di Dio, ndr) con risultati che definirei altalenanti.

I partenopei, infatti, non riescono a essere incisivi quanto potrebbero, soprattutto sul fronte delle linee vocali che spesso non sono all'altezza della perizia strumentale dei musicisti (che sono bravi ma anche prolissi).

Dopo il soffuso prologo strumentale, siamo catapultati nell'universo sonoro (spesso derivativo, ndr) della band: "What We're All About" riecheggia "Scenes From A Memory" e "Images & Words", aggiungendo una sfumatura elettronica un po' posticcia prima di un cantato più propriamente jazz/fusion che sfocia in soluzioni djent e alternative. "A Shadow On The Surface" è più lineare - e mi ha ricordato certe cose dei Vanden Plas - e contrasta con la successiva e disorientante "Will They?", con l'inizio scippato a "The Shattered Fortress" dei maestri di New York. La spaziale "logOs" anticipa "Awakened By The Light", ballad che diventa rapidamente una nervosa traccia prog dai (timidi) caratteri funk. La riuscita "Entering The City Of Gods" - di impostazione ayreoniana - strizza l'occhio ai Symphony X, mentre "The Cuckoo's Next" spicca per il lavoro strumentale di Vittozzi e Di Gennaro, e per le influenze oriental non troppo marcate. "Newton's Law" vorrebbe essere più easy e canonica nelle intenzioni, ma è fin troppo coraggiosa nelle scelte timbriche, e ci porta alla suite finale "In The Hardest Of Times", dove vengono messi a sistema il latin, il funk e la fusion sentiti in precedenza con armonie e ritmiche spigolose che non avrebbero sfigurato in un album dei Leprous.

Alcune "leggerezze" - in particolare le troppe citazioni, più o meno volute - me le sarei aspettate da una band alle prime armi (e non dai Soul Secret) e vanno a inficiare una valutazione che altrimenti avrebbe potuto essere leggermente più alta. Peccato...

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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