Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:43 min.
Etichetta:Demolition
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. SCREAM FOR ME
  2. BASTARD!
  3. I CAN HEAR THE SEX NOISE
  4. DON'T SAY FUCK
  5. LEMON LEES
  6. KILLER KILLER
  7. SLOW DOWN
  8. BEAT ME
  9. ROCK & ROLL KILLS THE BLUES
  10. MILE END
  11. I LOVE FISH BUT FISH HATE ME
  12. IRON MAN

Line up

  • Aki Morimoto: guitar, vocals
  • Kazuto Maekawa: bass
  • Tomoharu 'Gian' Ito: drums

Voto medio utenti

Arrivano dal Giappone gli Electric Eel Shock e ci ricordano, con il loro monicker, i loro testi, i titoli delle loro canzoni, la loro musica e la simpatica cover (con tanto di chitarrista dotato di “esagerato” testone afro e flying V in posa plastica), se qualcuno se ne fosse dimenticato, che il rock è anche fatto di divertimento, d’attitudine scanzonata, di goliardia e spregiudicatezza e che si può evitare di prendersi troppo sul serio, senza per questo perdere completamente di vista il valore generale della propria proposta musicale. Gli aspetti appena descritti, sono, a quanto pare, ancor meglio significati durante i loro adrenalinici live set, infarciti di cliché, ma altrettanto coinvolgenti, come testimoniato da chi li ha potuti vedere, per esempio, anche qui in Italia, come opening act per i canadesi Danko Jones.
Alcuni lavori precedenti a questo e un incandescente gig (svoltosi ad Amsterdam nel 2002) hanno convinto Attie Bauw (Scorpions, Judas Priest, …) a produrre questo “Beat me” (registrato nei noti Wisseloord Studios olandesi), nel quale il trio nipponico smentisce clamorosamente l’efficienza, la compiacenza e l’imperturbabilità caratteristiche dell’iconografia tipica del popolo del Sol Levante e riversa la sua miscela di groovy hard rock, punk, rock ‘n’ roll, blues, heavy metal e stoner, il tutto insaporito da spirito glam non patinato, minime contribuzioni elettroniche e una consistente dose d’umorismo e d’approccio seventies.
Sembra quasi come se Motorhead, Kyuss, New Bomb Turks, Nashville Pussy e AC/DC, si ritrovassero in compagnia di New York Dolls, Violent Femmes, Black Sabbath ed Electric Six, per una “flippata” jam collettiva, tra le mura fatiscenti di un club di Tokyo, lontano dallo scintillio dei suoi grattaceli, dalla tecnologia e dalla disciplina dei suoi famosi managers.
Ecco dunque “Scream for me”, un doom-stoner con richiami alle soluzioni chitarristiche della NWOBHM, “Bastard!”, con trame d’elettro-punk-rock (a dire la verità non completamente convincenti) e “I can hear the sex noise”, strana sorta di hard psichedelico vaporoso (del tipo che potrebbe piacere a Josh Homme).
“Don’t say fuck” accosta suoni simil-psychobilly a hard rock e in “Lemon lees” una melodia easy e straniante conduce ad un finale da jam session lisergica.
La bella “Killer killer” esplora il lato ipnotico e pesante dell’hard blues con tanto d’ispirato solo finale, “Slow down” è up tempo abbastanza scontato fino all’affabile e poppeggiante refrain, “Beat me” (in parte cantata in lingua madre) esprime gli impulsi di un hard più rigoroso e la saltellante “Rock & roll kills the blues”, notifica il ”delitto” citato nel titolo con sufficiente proprietà.
C’è ancora spazio per il punk ‘n’ roll “Mile end”, per la sbilenca (singolare fin dal titolo) ma parecchio gradevole “I love fish but fish hate me” e per la cover dell’immortale “Iron man” resa in una versione in bilico tra omaggio rispettoso, accelerazioni, digressioni funky, campionamenti e un piacevole epilogo chitarristico (chissà cosa ne penserà lo “zio” Ozzy … ah già, probabilmente è troppo impegnato a “gigioneggiare” e rendersi ridicolo nel programma di MTV The Osbournes …).
“Beat me” non è straordinariamente innovativo, dimostra una certa “follia” ed evidenzia una qualche mancanza di “profondità” nei contenuti, ma combina piuttosto bene parecchi generi e tendenze in modo discretamente personale e sa come divertire mantenendo, nel contempo, anche un livello “artistico” (beh, forse non è il termine più appropriato …) abbastanza significativo.
Una perfetta forma di “evasione” quasi “consapevole” … Ok bro & sis … Now, it’s time to party!
Recensione a cura di Marco Aimasso

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