Copertina 8

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2016
Durata:40 min.
Etichetta:Dark Essence Records

Tracklist

  1. I MEAN YOU HARM
  2. MAYHEM IN BLUE
  3. RIDERS TO UTOPIA
  4. LOST IN SATAN'S CHARMS
  5. THE CANNIBAL TRIBE CAME FROM THE SEA
  6. HOW TO FLY IN BLACKNESS

Line up

  • J. Demian: bass
  • Theoharis: guitars, vocals
  • Haris: keyboards

Voto medio utenti

Quella dell’ottimismo non è certo una delle prime caratteristiche che gli amici mi attribuirebbero; eppure mesi orsono, scrutando lo strepitoso artwork di copertina realizzato da Olia Pishchanska, mi sono ritrovato a pensare:
Il nuovo Hail Spirit Noir sarà un GRANDE album!”
Ebbene, sono lieto di annunciare ai nostri cari lettori che l’inusuale slancio di fiducia non è rimasto tradito. In effetti, dopo numerosi ascolti posso conferire senza tentennamenti a “Mayhem in Blue” la qualifica di GRANDISSIMO album.

Lo ammetto: la proposta dei greci da sempre esercita un fascino magnetico sul sottoscritto, che continua a considerare “Oi Magoi” uno dei dischi più affascinanti ed ispirati degli ultimi anni.
Il terzo full partorito da Theoharis e soci, deo gratias!, esplora una volta ancora impervi territori di frontiera musicale, spingendosi se possibile ancora oltre ed inglobando nel proprio avantgarde dal forte tasso psichedelico retaggi prog rock, jazz, hard seventies e black metal.
Una volta ancora, dunque, ci troviamo di fronte ad un prodotto fieramente sui generis, già a partire dal lavoro svolto in sede di produzione: Dimitris Douvras (Rotting Christ) e Alan Douches (Chelsea Wolfe, Motörhead), rispettivamente in sede di mixing e mastering, si sono superati, e hanno saputo confezionare una veste sonora dalla foggia pregiata, originale, perfettamente bilanciata nelle sue molteplici sfaccettature.

Il talento dei musicisti ha fatto il resto.
Mayhem in Blue”, giusto per mettere le cose in chiaro, è suonato in modo magistrale ed arrangiato con un gusto ed una raffinatezza davvero rari -per inciso: il tastierista Haris è un genio-. Ciò che più conta, nelle sei tracce che animano il platter viene impartita una lezione di eclettismo compositivo impressionante e preziosa. Preziosa nella misura in cui dimostra come mescolare le influenze più disparate e -apparentemente- stridenti senza mai smarrire il bandolo della matassa, svilire il calibro emotivo o cedere all’autoreferenzialità.
Così, vi accorgerete con sgomento che in “miseri” 40 minuti sono state fagocitate, riadattate e mescolate le sonorità di Ihsahn, Pink Floyd, ultimi Solefald, The Doors, Oranssi Pazuzu, Enslaved, Hawkwind, con un tocco di colonna sonora alla Riz Ortolani (anche se non credo lo conoscano)… e nonostante ciò tutto suona inequivocabilmente, magnificamente Hail Spirit Noir.
Niente male, per quel che mi riguarda.

Ogni pezzo meriterebbe menzione ed approfondita disamina:
- le scorribande prog / psichedeliche (?) della title track e della conclusiva “How to Fly in Blackness”;
- le sperimentazioni avant / tribal (??) di “The Cannibal Tribe Came to the Sea”;
- gli ibridi seventies rock / black (???) di “I Mean You Harm” e “Riders to Utopia”;
- il melting pot acustico / circense (????) di “Lost in Satan’s Charms”…
… ma così facendo vi toglierei il bello della scoperta.

Mi limiterò quindi a porgere sentiti complimenti alla Dark Essence per essersi accaparrata i servigi di una compagine particolarissima e tutt’altro che nota al grande pubblico, ma seconda a pochi in termini di caratura artistica.
Concludo con un consiglio: fatevi un piacere ed accaparrateveli anche voi.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 09 nov 2016 alle 14:03

Io li adoro alla follia fin dal loro primo album "Pneuma" e sono rimasto subito affascinato dalla loro capacità innata di fondere ed amalgamare sapientemente generi musicali distanti anni luce come il black metal, il jazz e il rock psichedelico degli anni 70. Nella mia Top list di fine anno ci saranno senza alcun dubbio. GENIALI!!!

Inserito il 09 nov 2016 alle 09:11

Album bello e complesso. Il gruppo si sta evolvendo e, alle mie orecchie, diventa sempre migliore. Peccato che non se lo caghi nessuno.

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