Copertina 8

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2005
Durata:38 min.
Etichetta:Victory
Distribuzione:GetSmart

Tracklist

  1. WITH A THOUSAND WORDS TO SAY BUT ONE
  2. CONVALESCENCE
  3. THIS WILL OUTLIVE US
  4. SOUND THE SURRENDER
  5. PATHOS
  6. LOW
  7. ETHOS
  8. DISTRICT DIVIDED
  9. THESE FEVERED TIMES
  10. PARADISE
  11. TRANQUIL

Line up

  • Mike Schleibaum: guitars
  • Kris Norris: guitars
  • Paul Burnette: bass
  • John Henry: vocals
  • Ryan Parrish: drums

Voto medio utenti

Con il precedente "Hidden Hands Of A Sadist Nation" i Darkest Hour avevano già realizzato un signor album, ed ora con il nuovissimo "Undoing Ruin" fanno anche di meglio. Una grande resa sonora garantita questa volta dalla mano di Devin Townsend abbinato all'impatto devastante messo in atto da questi cinque statunitensi che avanzano a mo' di rullo compressore. I Darkest Hour non hanno sicuramente perso per strada la passione per lo Swedish Death Metal, e lo confermano ampiamente le prime due canzoni, "With A Thousand Words To Say But One" e "Convalescence" (questa molto nello stile dei Dark Tranquillity), ma rispetto al passato è palese una maggior personalizzazione nel loro songwriting. E così "This Will Outlive Us" già si apre quasi slayeriana, una ritmica resa martellante dalla mazzate di Ryan Parrish e di Paul Burnette, anche se a caratterizzare le canzoni è sopratutto l'opera dei due chitarristi, Mike Schleibaum e Kris Norris, e del vocalist, John Henry, sempre molto ispirato dai colleghi della scena svedese ma pure altrettanto eccezionale, come dimostra sulla terremotante "Sound of the Surrender", cui segue l'acustica "Pathos": un abbinamento che non può che acuire l'accostamento a due capisaldi del genere come i già citati Dark Tranquillity ed In Flames. Un attimo di pausa e si torna poi subito a correre con una "Low" che, a sorpresa, sfocia in un secondo breve strumentale: "Ethos", poco acustico e molto metal. Si cambia totalmente aria con la frenetica "District Divided", quella più vicina al metalcore, ma è solo un momento perché sia "These Fevered Times" sia "Paradise", riportano i Darkest Hour su quelle coordinare musicali a loro più congeniali. Con la conclusiva "Tranquil", l'unica canzone sopra i cinque minuti di durata (in realtà qui sforano addirittura i sei!), i Darkest Hour danno davvero il meglio di se, a livello di singoli musicisti e come prova d'assieme (stupendo il finale in crescendo), spazzando via la maggior parte delle bands incanalate-si in questo filone musicale.
Grande conferma, quindi, da parte da una band assolutamente da non sottovalutare.
Mezzi, convinzione ed energia a bizzeffe. Impossibile rimanere impassibili. un signor album, ed ora con il nuovissimo "Undoing Ruin" fanno anche di meglio. Una grande resa sonora garantita questa volta dalla mano di Devin Townsend abbinato all'impatto devastante messo in atto da questi cinque statunitensi che avanzano a mo' di rullo compressore. I Darkest Hour non hanno sicuramente perso per strada la passione per lo Swedish Death Metal, e lo confermano ampiamente le prime due canzoni, "With A Thousand Words To Say But One" e "Convalescence" (questa molto nello stile dei Dark Tranquillity), ma rispetto al passato è palese una maggior personalizzazione nel loro songwriting. E così "This Will Outlive Us" già si apre quasi slayeriana, una ritmica resa martellante dalla mazzate di Ryan Parrish e di Paul Burnette, anche se a caratterizzare le canzoni è sopratutto l'opera dei due chitarristi, Mike Schleibaum e Kris Norris, e del vocalist, John Henry, sempre molto ispirato dai colleghi della scena svedese ma pure altrettanto eccezionale, come dimostra sulla terremotante "Sound of the Surrender", cui segue l'acustica "Pathos": un abbinamento che non può che acuire l'accostamento a due capisaldi del genere come i già citati Dark Tranquillity ed In Flames. Un attimo di pausa e si torna poi subito a correre con una "Low" che, a sorpresa, sfocia in un secondo breve strumentale: "Ethos", poco acustico e molto metal. Si cambia totalmente aria con la frenetica "District Divided", quella più vicina al metalcore, ma è solo un momento perché sia "These Fevered Times" sia "Paradise", riportano i Darkest Hour su quelle coordinare musicali a loro più congeniali. Con la conclusiva "Tranquil", l'unica canzone sopra i cinque minuti di durata (in realtà qui sforano addirittura i sei!), i Darkest Hour danno davvero il meglio di se, a livello di singoli musicisti e come prova d'assieme (stupendo il finale in crescendo), spazzando via la maggior parte delle bands incanalate-si in questo filone musicale.
Grande conferma, quindi, da parte da una band assolutamente da non sottovalutare.
Mezzi, convinzione ed energia a bizzeffe. Impossibile rimanere impassibili.
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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