Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:48 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. LET IT BEGIN
  2. THE DEVIL
  3. TELL US THE TRUTH
  4. GENERATION ME
  5. BACKSEAT HEARTBEAT
  6. CRY TOUGH
  7. WE ARE BEAUTIFUL
  8. I KNOW SHE KNOWS
  9. BLOODSUCKER
  10. BETTER THINK AGAIN
  11. LIGHT THE SUN

Line up

  • Mitchel Emms: vocals
  • Tagore Grey: guitar
  • Tao Grey: guitar
  • Dhani Mansworth: drums
  • Rick 'Swoggle' Newman: bass

Voto medio utenti

Sapete qual è il problema dei gruppi come i The Treatment? Le loro canzoni sono grintose, effervescenti, piene di brio, ma le idee musicali che contengono e il modo in cui vengono interpretate non sono praticamente mai ascrivibili alla band stessa, in un pressoché costante déjà entendu lungo, nel caso di questo terzo “Generation me”, quarantotto minuti abbondanti.
Si potrà obiettare, e con ragione, che in fondo si tratta di un “difetto” molto diffuso e tuttavia ritengo che difficilmente formazioni di questo tipo riescano ad andare oltre una dignitosa prestazione artistica, anche parecchio divertente e coinvolgente, se vogliamo, eppure incapace di esplodere veramente nei sensi dell’ascoltatore appassionato e di garantirgli nel tempo un numero davvero significativo di scosse emozionali.
Con i nuovi Mitchel Emms e Tao Grey, rispettivamente cantante di valore (sebbene prediligessi il graffio maggiormente Tyler-iano del suo predecessore Matt Jones) e ispirato chitarrista, i britannici proseguono nel convinto percorso di celebrazione di AC/DC, Aerosmith, Thin Lizzy e Tesla e pur architettando con abilità il loro hard-rock impulsivo e viscerale, il risultato finisce per essere un po’ troppo prevedibile, collocandosi nella fascia media della nutrita schiera dei prodotti ossequiosi della “tradizione”.
Sebbene privo di autentici “fuochi d’artificio”, il disco è comunque apprezzabile per una buona dose di feeling e per le brillanti capacità tecniche dei protagonisti, in grado di esprimersi al meglio nelle pulsioni aussie di “Let it begin”, “The devil” e “Cry tough” o di avvicinarsi abbastanza “pericolosamente” alla prestazione di livello superiore nelle melodie adrenaliniche e cromate di “Tell us the truth”, nel groove di “We are beautiful”, nelle pastosità blues di "Backseat heartbeat” e nelle scansioni Zeppelin-esche di "Better think again”, un pezzo finalmente gratificato da un pizzico di (con)vincente personalità.
Un albo che si ascolta con piacere e che però non riesce né a eguagliare la freschezza del debutto (“This might hurt”, benché anch’esso pienamente coinvolto nel grande gioco delle “citazioni”, continua ad essere il mio preferito nella discografia dei nostri …) e né a decollare in maniera risoluta verso i vertici dell’appagamento cardio-uditivo … è mia opinione che anche senza “inventare nulla” si possa (e si debba!) fare di più.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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