Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2005
Durata:41 min.
Etichetta:My Graveyard Productions

Tracklist

  1. THE AWAKENING
  2. LET THE WAR BEGIN
  3. BLACK SOLITUDE
  4. BLOOD THIRSTY DEMONS
  5. I AM THE EVIL
  6. THIS IS MY DEATH
  7. BURN THE WITCHES
  8. ... ALL IS BLACK
  9. LUCIFER'S FALL
  10. LADY OF SIN

Line up

  • Cristian Mustaine: guitars, screams and vocals
  • Jack the Ripper: bass
  • Karl Skyquake: drums

Voto medio utenti

Il cognome d’arte scelto del leader di questa band lombarda (Cristian Mustaine) e il monicker stesso apparentemente mutuato dal testo di “Black friday”, potevano far pensare ad una formazione devota al verbo dei Megadeth ed invece del thrash un po’ in declino dei californiani, “Let the war begin” si rivolge a quel genere musicale che mescola heavy metal, dark sound, doom più o meno accelerato e ambientazioni esoteriche, definito comunemente con il termine Horror Metal, traendo ispirazione da bands come Death SS e Paul Chain, rimanendo in ambito nazionale e ai classici Black Sabbath, Black Widow, Atomic Rooster e Mercyful Fate, uscendo dai patri confini.
La passione per l’occulto, i films horror e il mondo “delle tenebre” si esprime nel demo-tape “Solve et coagula” del 2000, nel mini-cd “Sabbath” del 2001 (raccolte nel 2002 in un unico 12” in vinile, pubblicato dall’etichetta danese Horror Records, nelle ormai “consuete” 666 copie), nel secondo mini intitolato “A-live”, sempre del 2002, in un 7” per la teutonica Metal Coven Records e nel primo full-length denominato “In the grave”, edito dall’etichetta personale del singer (C.M. Releases) e distribuito con il supporto della Iron Tyrant, fino a questo dischetto dalla “vampiresca” cover (che riprende il dettaglio di un’opera del maestro surrealista polacco Boleslaw Biegas), uscito sotto l’egida della My Graveyard Production.
Un’attività live piuttosto intensa e un’accoglienza, a quanto pare, abbastanza positiva delle produzioni dei nostri Demoni Assetati di Sangue, consentono loro di acquisire il titolo d’eredi dei Death SS (almeno è quanto i ragazzi affermano nella loro bio di presentazione).
E’ proprio da quest’ultima sicuramente lusinghiera ma altrettanto “pericolosa” definizione che partirei per analizzare il dischetto in questione: un’eredità di questo tipo è sicuramente molto onerosa, soprattutto se teniamo conto del significato storico e “pionieristico” che la formazione di Pesaro ha rappresentato ai suoi esordi e se analizziamo questo aspetto è molto arduo, com’è facile intuire, sostenere efficacemente un paragone così illustre.
Dal punto di vista squisitamente musicale i punti di contatto con i Death SS (prima della contaminazione “elettronica”), invece, sono effettivamente parecchio evidenti, soprattutto in brani come “Let the war begin”, “Blood thirsty demons” o “I am the evil” ed in generale un po’ in tutto il platter, con le vocals di Cristian che citano di frequente quelle di Steve Sylvester ed appaiono convincenti nelle loro esposizioni più aspre e “cattive”, mentre risultano meno incisive quando viene cercata un’interpretazione maggiormente carica di pathos, come accade nella “disperata” “Black solitude” o in alcune porzioni della già citata “I am the evil”, entrambe musicalmente abbastanza riuscite.
Belle le voci doppiate esibite nell’evocativa “This is my death” e sempre morbosamente allettante è il sabba celebrato in “Burn the witches”, non male “… All is black” e “Lucifer’s fall”, mentre “Lady of sin” rappresenta l'episodio più debole e prevedibile dell’intero lavoro.
Da segnalare la buona prova offerta alle tastiere dall’ospite Gabriele Colombo, sempre molto puntuali nell’assicurare l’indispensabile ed inquietante coltre gotica.
La registrazione rende giustizia all’atmosfera sulfurea che i nostri vogliono conferire alle loro composizioni, anche se il suono di batteria appare a tratti un po’ troppo “asettico” (e non sempre tecnicamente perfettamente accurato).
Un disco dal fascino piacevolmente oscuro e “malsano”, eseguito da una band attitudinalmente abbastanza credibile, forse ancora un po’ acerba, ma dalle discrete prospettive generali, che potrà raggiungere risultati ancora migliori se saprà lasciarsi alle spalle qualche eccesso di cliché sia dal punto di vista musicale, sia da quello puramente “estetico” ed abolirà qualche imprecisione esecutiva che oggi non gli consente di essere completamente all’altezza dei propri numi tutelari.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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