Parecchio prolifici questi
Decaying, la band finlandese arriva oggi al quarto disco in altrettanti anni, senza perdere potenza e insistendo su una qualità ed un'ispirazione che non sono finora venute meno.
Come da tradizione, non è la "botta" l'aspetto dominante del quartetto, ma i riff. Ce ne sono davvero tanti pescati qua e là, ed i
Decaying riescono a proporre qualcosa che non è originale ma che non puoi ricondurre ad una singola band. Sprazzi di
Dismember, echi di
Bolt Thrower, ombre di
Asphyx, tutto riletto con un piglio più thrash che non disdegna momenti più "semplici" e l'inserimento di leggere melodie portanti all'interno dei brani. Sanno anche picchiare bene, ma la velocità non è il loro ingrediente principale, mescolare atmosfere, aggredire, parlare di guerra e morte, questo sì che gli riesce bene.
Zero Hour da questo punto di vista è esemplificativa, con le sue chitarre "motosega", il ritmo veloce ma groovy e le urla strazianti che possono essere ricondotte come stile a quelle di
Van Drunen. Nello specifico il cantato si divide tra un growl basso ed aggressivo ma sempre comprensibile, ad uno più alto e sgraziato, creando quella varietà che è sicuramente un punto a favore nelle canzoni. Brani che, come facile evincere dai titoli e scorrendo le copertine dei loro album, hanno sempre parlato di guerra, dolore e sofferenza da essa derivata; anche questo è un tratto che potrebbe accostarli agli
Hail of Bullets ma il suono, come detto, è leggermente diverso. Ulteriori elementi positivi giungono dalla prestazione dei musicisti che, oltre ad essere ispirati, marciano uniti come un plotone militare mostrando compattezza e sicurezza, ed anche aspetti "critici" come gli assoli, vengono superati al meglio adottando uno stile non per forza slayeriano o melodico, ma sfregiando con gusto ed in modo intelligente l'ascoltatore.
Di sicuro l'originalità non alberga sotto il bombardamento propinato da questi quattro soldati, ma John Rambo andrebbe fiero di loro.
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